Il Governo instabile nel momento sbagliato

Arriverà alla fine della legislatura questo governo? Una legislatura che già passerà alla storia per il susseguirsi di tre governi sostenuti da tre diverse maggioranze. Il primo turno delle amministrative, in attesa del ballottaggio del 26 giugno, è stato un test per capire qualcosa in più. Alcuni esiti usciti dalle urne sono stati una conferma, come l’astensionismo e il crescente disinteresse degli italiani non solo per i referendum ma perfino per una politica che riguarda loro molto da vicino, come il governo delle città. Altri hanno rivelato una divisione che potrebbe essere fatale per la tenuta dell’alleanza guidata da Mario Draghi.

Insomma, l’instabilità regna sovrana, nonostante i continui appelli all’unità non solo del premier ma soprattutto del capo dello Stato. Sarà un autunno - dove ci attende un altro test, quello delle Regionali in Sicilia - molto complicato e le prime foglie morte già stanno cadendo in estate. C’è una frammentazione che si riflette in quasi tutti i partiti - che ormai si gonfiano e si sgonfiano come una fisarmonica nello spazio di pochissimo tempo - e che potrebbe portare a colpi di coda pericolosissimi. Non dobbiamo mai dimenticare che siamo alle prese con un «governo del Presidente» che vede un tecnico - l’ex governatore della Bce - chiamato a guidare un gabinetto «politico». Sostenuto costituzionalmente da partiti che non sempre condividono la sua agenda perché al primo posto, per i leader c’è il consenso da guadagnare, pena l’impopolarità. Questo strabismo in un momento in cui abbiamo a che fare con una guerra, una ripresa che non arriva, un’inflazione «importata» che ci ricorda gli anni ’70 con l’incubo della «stagflazione» (inflazione più stagnazione) potrebbe rivelarsi devastante.

Le prime divisioni riguardano le coalizioni. Nel centrosinistra il «campo largo», il progetto di fusione tra Dem e 5 Stelle, sembra avere un catalizzatore, il Pd di Letta. Il «partito di Draghi» ha dimostrato una buona tenuta, la prima componente politica come consensi insieme con Fratelli d’Italia, la compagine diametralmente opposta nello schieramento. La seconda fetta del «campo» invece è in preda a continue convulsioni. Conte non ce la fa più a tenere insieme le due anime del movimento, a sostenere due parti in commedia. Fare sintesi, come si dice in gergo, sta diventando un’impresa titanica in quel campo d’Agramante grillino. Ne abbiamo una dimostrazione con le divisioni tra i 5 Stelle di governo - favorevoli all’invio di armi in Ucraina - e quelli di lotta, in procinto di presentare una mozione contraria dopo che Draghi riferirà in Parlamento sul viaggio a Kiev. Tra l’altro i bisticci e i mal di pancia non aiutano il movimento, che quasi scompare dai Consigli comunali.

Ma anche nel centrodestra la frammentazione potrebbe portare a un’implosione della maggioranza. La Lega, che aveva stravinto le Europee del 2019, viaggia ora ben sotto la metà di quel risultato. C’è la sfida per la leadership, che da Berlusconi è passata a Salvini e ora sembra destinata alla Meloni. Gli apparentamenti nei ballottaggi ci diranno qualcosa di più. Sarà anche interessante capire quel che succederà a Verona, dove la prima lista del candidato più votato al primo turno è quella intestata all’outsider Damiano Tomasi, esponente del volontariato cattolico e laico. Ci aspetta dunque un autunno caldo, sotto tutti i punti di vista, alimentato da una crisi economica. La responsabilità del mondo politico in questo senso è importantissima perché gli italiani hanno voglia di tutto tranne che di un’altra crisi di governo e lo scioglimento anticipato delle Camere in un contesto storico simile potrebbe essere davvero devastante.

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