Immigrazione, sfida e conti elettorali fra alleati

ITALIA. Giorgia Meloni, commentando le nuove norme sull’immigrazione varate dal consiglio dei ministri, ha voluto ricordare, elogiandola, la compattezza della maggioranza di centrodestra che sull’argomento, dice, ha perfetta identità di vedute.

Certo Salvini, Meloni e Tajani hanno più punti di affinità tra loro di quanti ne possano registrare con l’opposizione, ed è ovvio; ciò non toglie però che proprio sull’immigrazione (e conseguente rapporto con l’Europa) si giocherà la sfida elettorale tra i partiti alleati da qui a marzo, quando si voterà per eleggere il nuovo parlamento europeo e dunque la nuova Commissione di Bruxelles.

Fin qui si trattava di una previsione – invero piuttosto facile – comune ai giornalisti politici, da adesso invece è una realtà visibile a chiunque, cioè a tutti gli elettori. Quest’ultimi lo hanno capito infatti vedendo che nello stesso giorno in cui Giorgia Meloni si trovava a Lampedusa insieme a Ursula von der Leyen, quindi alla rappresentante dell’Europa, Salvini stava sul pratone di Pontida accanto a Marine Le Pen che dell’Europa rappresenta l’esatta antitesi. Tra l’altro le due coppie potrebbero essere già da adesso la rappresentazione degli schieramenti del post-elezioni europee: da una parte la destra-destra di Le Pen, dei tedeschi di Afd e di Salvini , dall’altra i Conservatori di Meloni insieme ai popolari del Ppe in una intesa che potrebbe riportare proprio Ursula sulla poltrona numero uno dell’Ue (con Draghi garante al posto di Michel?).

Sono ancora scenari futuribili. Ma fermiamoci all’oggi, cioè alla campagna elettorale che è già sostanzialmente cominciata e alla sua propaganda. Da una parte Meloni che rafforza il suo rapporto con l’Ue alla ricerca di una soluzione comune all’ondata migratoria alleata, tale da mettere finalmente in pratica quella solidarietà che – lasciata finora alla buona volontà, sottratta all’obbligatorietà – ha dato risultati ridicoli.I quali, tra l’altro, ora si sono ulteriormente ridotti dal momento che Germania, Francia, Austria e Polonia non hanno alcuna intenzione di accogliere i migranti illegali che sbarcano a Lampedusa (e che quindi dobbiamo tenere o espellere noi). Ma l’ancoraggio all’Unione resta, per Giorgia, l’unica politica possibile per mille ragioni: non bisogna dimenticare che noi siamo in una situazione economica difficile, che il Pil frena, che l’inflazione non scende abbastanza e i mutui esplodono mentre la legge di Bilancio si fa ogni giorno più difficile, il nuovo Patto di Stabilità potrebbe duramente castigarci, il Mes resta lì ancora da ratificare e il Pnrr da attuare con tutte le mille difficoltà. È chiaro che il presidente del Consiglio ha in mente tutte queste cose quando sceglie di volare a Lampedusa con il capo della Commissione europea.

Salvini no, lui ha soprattutto un problema di carattere elettorale: deve rimontare i magri risultati che gli hanno falcidiato i consensi raccolti solo pochi anni fa e quindi riappropriarsi del cavallo propagandistico che finora gli ha più giovato: l’immigrazione illegale da bloccare e l’Europa matrigna. Quindi la testimonial Le Pen è perfetta per lo scopo anche a costo di mettere in imbarazzo la presidente del Consiglio che la Lega sostiene e il governo di cui fa parte. Che poi, se strappa la bandiera dell’anti-immigrazione alla Meloni non ha che da guadagnarci.Non c’è forse tutta una destra delusa dai compromessi che la premier è costretta ad ingoiare in nome della governabilità? Non c’è forse il generale Vannacci pronto ad essere candidato alle europee in nome della lotta al «mondo al contrario» di cui si proclama fiero avversario?

Ecco dunque ciò che aspetta i partiti del centrodestra nei prossimi mesi. Avranno un solo problema: litigare per contendersi i voti senza mandare in pezzi il loro governo.

Aldilà della politica contingente, tuttavia, arriva l’appello del presidente Sergio Mattarella che ricorda a tutti come l’immigrazione, soprattutto di giovani, sia una potenzialità per l’intero Paese e che dunque vada perseguita una politica di inclusione. Anche perché, ha avvertito, se non lo facessimo, se la scuola non riuscisse ad includere quegli ottocentomila studenti migranti di prima o seconda generazione, ci sarebbe il rischio che la loro marginalizzazione si traduca in rifiuto della convivenza o in impulso alla ribellione.

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