Imporre una cultura
ottiene l’opposto

L’aggressione era avvenuta un sabato sera di un paio di settimane fa alla Fara di Bergamo Alta. Un ragazzo omosessuale minorenne era stato aggredito e picchiato da un 20enne. Dopo un’indagine il responsabile è stato riconosciuto e arrestato dai Carabinieri: si tratta di un giovane con già precedenti alle spalle e che aveva obbligo di firma per un altro reato compiuto. La cronaca in queste settimane recenti ha registrato un incremento di episodi di intolleranza contro persone omosessuali e viene quasi automatico spiegare questa recrudescenza con le polemiche insorte attorno al ddl Zan, ovvero la legge contro l’omotransfobia. Ci diranno le autorità giudiziarie se quello accaduto alla Fara va inquadrato in questo contesto: il profilo dell’arrestato potrebbe fare pensare a un atto di aggressione a scopo di rapina.

Comunque sia, è oggettivo che il clima, attorno alla delicata questione dell’omofobia è degenerato non solo a livello politico e culturale ma anche sul piano della realtà: paradossalmente un disegno di legge che è stato pensato per arginare forme di intolleranza rischia all’opposto di innescarne di nuove. Evidentemente quel provvedimento, pur originato da ragioni più che plausibili, è stato pensato male, perché ipotizza di arginare forme di violenza sociale contro delle minoranze introducendo una sostanziale violenza culturale. Come ha ben spiegato Marina Terragni, scrittrice femminista, il disegno di legge Zan ha travalicato l’obiettivo della protezione delle persone omosessuali e transessuali, trasformandosi nella «imposizione di una cultura centrata su un individuo neutro, sciolto da qualsiasi legame con il proprio corpo, capace di arbitrio assoluto fino a decidere il proprio sesso». In sostanza si vuole imporre un nuovo modello culturale per via legislativa. Il che è di per sé una forma di intolleranza, come tante volte purtroppo la storia passata ci ha ampiamente dimostrato.

Il modello di fondo a cui il ddl si rifà è quello dell’annullamento delle differenze sessuali. Le differenze di natura vengono declassate a preferenze personali che possono anche variare nel tempo e nelle fasi di vita di una persona. Ed è questa la ragione per la quale gran parte delle femministe si sono schierate contro il disegno di legge, in quanto con il provvedimento viene sottratta anche l’identità femminile: dopo tanti anni di battaglie per affermare la dignità e i diritti delle donne. «Mi sembra assurdo che il termine “donna” sia diventato discriminatorio», ha detto Francesca Izzo, tra fondatrici del movimento femminista «Se non ora quando». «Attraverso l’identità di genere la realtà dei corpi - in particolare quella dei corpi femminili - viene dissolta. Il sesso non si cancella».

Come sempre il fondamentalismo, in qualunque forma si presenta e a qualsiasi battaglia venga applicato, non solo produce danni, ma danneggia la causa stessa che vorrebbe far propria. Così sta accadendo con un ddl che volendo difendere i diritti di minoranze, finisce con lo strumentalizzare quelle stesse minoranze per fini che le trascendono, come quello di imporre nuovi modelli culturali, all’insegna di un estremismo liberista (modelli che non a caso piacciono tanto al mercato, in cerca sempre di nuove tipologie di consumatori).

Sono forme di fondamentalismo che avvelenano il clima sociale finendo con l’esporre a nuove violenze quelle minoranze che si vorrebbero proteggere. Per questo è bene ripensarci, evitare ogni tipo di forzatura, compresa quella sui tempi, che vorrebbe portare subito all’approvazione. Il giacobinismo produce solo danni. Tanti segnali lo stanno già dimostrando.

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