In auto giù le mani
dallo smartphone

A4, altezza Cavenago, verso le 12. Station wagon di grossa cilindrata in terza corsia, 105 orari. Decisamente non al suo posto. Ma non solo. La station ondeggia, con rapide correzioni di rotta per restare nella corsia. È un grande classico, e chi colleziona sui trentamila chilometri all’anno ormai ha l’occhio allenato. Li becchi subito, quelli che mentre viaggiano armeggiano col telefonino. Non si sbaglia un colpo: quando li superi, se giri lo sguardo (anche se non dovresti), puntualmente spunta il maledetto telefono. Nel caso specifico, la scena è stata doppia. Quello della station, esaurita la necessità del momento, ci ha ripresi poco oltre.

Quarta corsia, verso i 140. E sorpassando l’auto che ci stava davanti, anch’essa ondeggiando causa telefono, ha sfoggiato tutto l’armamentario classico dell’automobilista gesticolante: mano tesa, labiale inconfondibile. Si doveva vergognare, quello là, che evidentemente digitava inutili scemenze mentre lui, una manciata di chilometri prima, risolveva questioni di vita o di morte. Quindi lui poteva.

La strada è così. Se tu passi col giallo, ma quasi rosso, non potevi proprio farne a meno. Se l’altro passa col giallo, ma quasi rosso, è da ergastolo. Consigliamo la visione di un film delizioso (o la lettura del relativo libro): «Momenti di trascurabile felicità». Il protagonista muore per una manovra che aveva fatto mille volte, portando a casa la pelle. Ma quella volta, no: una vita buttata via per quell’istinto insopprimibile di non frenare, e di guadagnare quei pochi istanti che certamente non comporteranno nulla di irrimediabile, anche se al momento ti sembra impossibile l’idea di attenderli.

Fanno spavento, ovviamente, i dati che dettagliamo in cronaca, dell’aumento degli automobilisti trovati con troppo alcol nel sangue, per non dire di quelli pizzicati alla guida dopo aver assunto stupefacenti, o di quelli che corrono. E per fortuna che i controlli aumentano. Però ragioniamo. Su cento automobilisti, quanti saranno al volante ciucchi andati? Pochini. E su questi stessi cento automobilisti, quanti salgono in auto sotto l’effetto di droghe? Ancora pochini. Dati a spanne, ma forse non siamo lontani dal vero. Ora: di questi cento, quanti hanno lo smartphone in tasca, dunque potenzialmente in mano se arriva il «whattsappino» che proprio non resisti e lo devi leggere? Facciamo 99? È capitato a tutti di dover inchiodare perché nel tentativo di leggere, e magari di rispondere, l’auto è arrivata a un passo da un altro mezzo, o magari sulla soglia di una striscia pedonale, rischiando lo strike. Pazienza se salta un paraurti, un po’ meno se salta una vita.

Il problema di fondo è che il tempo che si trascorre al volante è sempre più percepito come tempo a disposizione per fare anche altro. Per telefonare, e pazienza. Ormai - tra auricolari, vivavoce, bluetooth e sistemi ancor più tecnologici - sono pochissimi quelli che guidano «a una mano». Ma anche le utilissime app che indicano percorsi e traffico in tempo reale, di fatto, distraggono gli occhi dalla strada. E nella giungla quotidiana vediamo veramente la fauna più disparata. Signore che si truccano (e non solo al rosso). Gente che fa colazione col bicchierone del caffè che fa tanto born in the Usa. Chi guarda video, chi legge documenti. Vale per gli automobilisti, vale per i camionisti, vale per gli autisti (sempre più scatenati, dati i loro tempi di lavoro) dei furgoni. Vale per i ciclisti, persino, che se distratti possono fare molto male ai pedoni, oltre che ovviamente a sé stessi. Alla fine, c’è un fatto. La strada è pericolosa, comunque la si percorra. E non c’è nulla che davvero non possa attendere di fronte al rischio di non tornare a casa con le proprie ruote, e con le proprie gambe. Il telefonino ci ha cambiato la vita, in meglio. Vediamo di non farcela portare via.

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