La frontiera d’Europa
dove muore l’umano

I dittatori e i governanti più cinici fanno leva sull’oblio mediatico per nascondere le loro nefandezze, un manto nero che copre fatti tragici all’opinione pubblica. È ciò che sta accadendo lungo il confine tra Bielorussia e Polonia, dove poche migliaia di profughi, tra i quali centinaia di bambini, in fuga da Stati pericolosi come Afghanistan, Siria e Iraq sono dispersi nella foresta in una zona inaccessibile alle organizzazioni non governative (ong) del soccorso e a giornalisti, fotografi e cameramen internazionali. In quell’area oscurata sono morti finora 22 migranti, di freddo e di stenti. La miccia di questa crisi è stata la decisione del satrapo di Minsk, Alexander Lukashenko, di rispondere alle sanzioni imposte dall’Ue alla Bielorussia per la persecuzione degli oppositori, organizzando viaggi di migranti dal Medio Oriente per poi dirigerli verso Lituania e soprattutto Polonia, in territorio dell’Unione europea quindi.

All’inizio, nel giugno 2021, Varsavia ha fatto bene a non cedere al ricatto del dittatore, ma quando la situazione umanitaria ha richiesto interventi avrebbe dovuto far prevalere la solidarietà umana e il diritto d’asilo verso quei poveri cristi usati come armi. Una democrazia - tanto più quella polacca, il cui governo dice di ispirarsi a valori cattolici - è moralmente superiore a un regime proprio per come tutela la vita umana, qualsiasi vita. E invece ha schierato sul confine polizia ed esercito per respingere brutalmente i profughi. «A parte l’ipotermia - ha raccontato Kyle McNally, responsabile degli affari umanitari per Medici senza frontiere (Msf) - abbiamo curato innumerevoli ferite da percosse, da scossa elettrica e vari tipi di bruciature. Ma negli ultimi giorni c’è stato un aumento drammatico di problemi legati al deterioramento della salute mentale, con una crescita allarmante di atti di autolesionismo e tentativi di suicidio».

Una famiglia di curdi iracheni riuscita a entrare in Polonia si è nascosta in un bosco. La madre è morta per un’infezione: era incinta e ha perso il bambino. Se avesse chiamato i soccorsi, sarebbe stata curata ma il marito e i due figli respinti in Bielorussia. Un’altra donna ha avuto un aborto ma nonostante il bisogno immediato di assistenza, non ha voluto andare in ospedale. Viene preso in carico infatti solo chi ha bisogno di cure e isolato. Ci sono moltissimi nuclei familiari in cui i figli sono stati separati dai genitori, i mariti dalle mogli. Chi si ammala resta solo. Perfino un’organizzazione coriacea e generosa come Msf (presente in 88 Stati colpiti da conflitti, epidemie, catastrofi naturali o privi di assistenza sanitaria) ha deciso di lasciare la Polonia: «Non ci permettono di entrare nella zona proibita. Succede ai medici e non garantiscono le cure minime a chi è nella foresta. Lasciamo la Polonia, ma continuiamo a operare in Bielorussia e Lituania» dice ancora Kyle McNally. Eppure c’è un’altra Polonia, quella dei contadini, di ong locali, di medici e di sindaci che prestano soccorso ai profughi dai villaggi vicini alla tragica frontiera. Ma alcuni volontari sono stati intimiditi e le loro proprietà distrutte dai militari.

Il governo centrale nega di procedere con respingimenti illegali e di impedire i soccorsi. Ma ci sono testimonianze che lo inchiodano alle proprie responsabilità: uno yazida (appartenente alla minoranza dell’Iraq brutalmente perseguitata dallo Stato islamico) un’ora dopo aver attraversato il confine è stato portato dall’esercito insieme ad altri migranti al fiume lungo la barriera di separazione: sono stati gettati tutti nel corso d’acqua, profondo e mosso da correnti veloci, chi si è rifiutato è stato convinto a bastonate. Gli operatori di Msf hanno ascoltato numerose testimonianze dirette di persone che hanno subito furti, danneggiamenti e sono state intimidite o vittime di violenza intenzionale sui due lati del confine.

Si può essere di destra, di centro o di sinistra. Contrari all’immigrazione o a favore. Ma qui è in gioco un principio che dovrebbe essere superiore ad ogni appartenenza politica o giudizio sugli spostamenti di popoli: la dignità della persona, l’umano da difendere, prima di tutto. In Europa, nell’anno 2022.

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