La guerra cambia tutto il mondo

Pallottole o pagnotte? Diventa di giorno in giorno più evidente che la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina sta cambiando il mondo. E ancor più lo cambierà se dovesse durare a lungo, come molti prevedono e moltissimi temono. La rincorsa ad armare Kiev, nell’evidente preoccupazione che quanto fatto finora possa non bastare a bloccare l’iniziativa russa nel Donbass, fa cadere un tabù dopo l’altro.

La Germania, che aveva a lungo resistito alle richieste ucraine e alle pressioni americane, si è risolta a inviare carri armati e armamenti pesanti, e altrettanto ha fatto la più lontana Spagna. Ma se tutto si limitasse a questo, saremmo di fronte «solo» a una guerra crudele e drammatica, mentre l’invasione russa del 24 febbraio ha innescato un processo di cambiamento politico e geopolitico che sta radicalmente cambiando il panorama globale.

Basta osservare quanto si stia facendo drammatica la situazione dei rifornimenti alimentari, in particolare sul fronte dei cereali. La Russia sa benissimo che la guerra sta mutilando il settore agricolo ucraino, un settore trainante della (peraltro disastrata anche prima della guerra) economia del Paese. I combattimenti prima hanno ridotto le possibilità di semina, ora quelle della raccolta. In più, i russi hanno occupato (come a Mariupol’) o bloccato (come a Odessa) i porti ucraini, impedendo di fatto esportazioni e commerci. Ma non è finita qui: continuando a colpire le infrastrutture e le strutture produttive dell’Ucraina, ora i missili e i cannoni russi prendono di mira i depositi di granaglie, per acuire l’emergenza civile oltre che militare. Nello stesso tempo, laddove riescono a insediarsi, i russi prendono il grano ucraino già stivato e lo portano con il loro verso i Paesi alleati (come la Siria) o quelli che, come molti in Africa, possono farsi amici alleviando un’emergenza alimentare che si sta facendo cronica, visto che almeno una cinquantina di Paesi in via di sviluppo dipende per almeno il 30% del fabbisogno dalle forniture russe e ucraine.

Le conseguenze della guerra, insomma, come strumento di influenza geopolitica. Guerra che, in ogni caso, continua a farsi sentire. Turchia e Russia avrebbero raggiunto un accordo per far partire il grano ucraino. La Turchia si incaricherebbe di sminare le acque e scortare i convogli. Ma al patto manca la firma dell’Ucraina, per una ragione assai semplice: le mine sono sue e servono a frenare un assalto russo ai porti, soprattutto a Odessa. Chi garantisce che, una volta eliminati gli ordigni e partite le navi, la flotta russa del Mar Nero non muova verso la costa?

Tutto questo, comunque, non vale solo per i Paesi direttamente coinvolti nel conflitto o quelli che, come la Turchia, il conflitto lo guardano da vicino. Prendiamo gli Usa, primo produttore di petrolio al mondo (12% del totale) ma non così potente da controllare il mercato. Ora Joe Biden corteggia Mohammed bin Salman, l’uomo forte dell’Arabia Saudita, per cercare di fargli aumentare la produzione e così raffreddare i prezzi dei carburanti, che sono una pagina dolente sia negli Usa sia in Europa. Nello stesso tempo la Casa Bianca, per rimontare il deficit sulle energie rinnovabili, ha varato un’esenzione dai dazi di due anni per i pannelli solari importati dal Sud-Est asiatico, che si sospetta siano in realtà prodotti dalla Cina. In altre parole: per sfuggire ai lacci e lacciuoli della dipendenza energetica dalla Russia, non stiamo costruendo altre dipendenze con gli stessi Paesi che fino a poco fa ci sembravano canaglie o giù di lì?

Abbiamo citato l’Arabia Saudita. Ma che dire, venendo all’Italia, dell’Egitto che volevamo, per il «caso Regeni» e non solo, quasi mettere al bando, e che ora dovrebbe farci da spalla nella fornitura di gas? E che dire del Venezuela di Maduro, tiranno da abbattere fino a sei mesi fa e ora fornitore di petrolio anche per l’italiana Eni e la spagnola Repsol, con il beneplacito degli Usa? La guerra in Ucraina cambia tutto, sposta gli equilibri, fa nascere nuovi bisogni e alleanze inedite. Ci stiamo avventurando, senza averlo voluto né pianificato, in un mondo nuovo di cui sappiamo ben poco. Solo quando il fumo delle cannonate si sarà disperso riusciremo davvero a capire dove siamo approdati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA