La manovra senza soldi con l’incubo mercati

POLITICA. Cresce l’allarme per riuscire a scrivere una manovra di bilancio che, in carenza di risorse disponibili, non scassi i conti pubblici ma nello stesso tempo «tenga» politicamente.

Ancora una volta è stato il ministro dell’Economia Giorgetti ad ammonire che non potranno essere mantenute le innumerevoli promesse elettorali fatte dal centrodestra, e a lui ha fatto eco il predecessore Giulio Tremonti (colui che da ministro nel 2011 fu travolto dallo spread a 500 punti) che ha ammonito Meloni a non cercare strade populiste che «non ci faranno andare lontano». Ed è proprio con l’occhio allo spread e al nervosismo dei mercati («Io li temo» ha confessato Giorgetti) che si sta cercando di mettere insieme i conti. Che però sono presto fatti: la promessa «irrinunciabile» di prorogare il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti fino a 35mila euro da sola costerà 10 miliardi; il superbonus ne porterà via 4 in più del previsto; gli interessi sul debito aumentati a causa della stretta creditizia operata dalla Bce bruceranno 15 miliardi e siamo già a 30. Se si aggiungono poste indifferibili come le missioni militari, sono tante le spese programmate, auspicate, promesse che salteranno, a cominciare - lo ha ammesso il ministro Zangrillo - dal rinnovo dei contratti del settore pubblico che da soli pesano per circa 30 miliardi. Forse qualche «mancia» elettorale da qualche centinaio di milioni si riuscirà a distribuirla, anche se è proprio ciò che il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha esortato a non fare: «Concentrate le poche risorse, non disperdetele in mille rivoli che non portano a nulla».

Che la situazione sia difficile lo registrano quasi ogni giorno i giornali portavoce degli ambienti finanziari del mondo (quelli che comprano i nostri titoli di Stato): il «Financial Times» anche ieri ha criticato il governo Meloni per l’ipotizzata tassa sugli extraprofitti delle banche (che ha creato allarme per quasi nulla, visto che nelle stanze del Tesoro la stanno riducendo al lumicino, anche su pressione di Forza Italia), mentre parecchi malumori si sono registrati per l’idea di mettere un calmiere ai prezzi dei biglietti aerei. Tutte cose che innervosiscono gli investitori ma che creano anche tensioni dentro la maggioranza. Ed è qui che si riapre la faglia tra la componente «populista» di destra e quella «liberal-democratica» che potrebbe allargarsi per mille ragioni, a cominciare dalle elezioni europee della prossima primavera. Che poi sono quelle che stanno scatenando la Lega e il suo leader: Salvini è tornato a battere sul tema che più gli ha elettoralmente fruttato in questi anni, l’immigrazione, invocando il pugno duro e attaccando l’Europa quasi ogni giorno. Anche questo contribuisce a far sì che l’Italia si ritrovi isolata: dopo che la Francia ha mandato i militari e i droni a sigillare il confine di Ventimiglia per respingere i migranti provenienti dall’Italia, ieri c’è stata una nuova polemica tra Roma e Berlino su un progetto tedesco di finanziamento a favore delle ong per attività svolte sul territorio italiano.

Tutto contribuisce a mettere il governo in una posizione assai scomoda: tradito dai sovranisti amici della destra e osteggiato dai francesi e tedeschi, senza i quali in Europa si combina assai poco. E questo mentre solo il maltempo delle ultime ore frena l’arrivo dei migranti. Gli sbarchi hanno raggiunto una cifra record proprio mentre al potere c’è Giorgia Meloni la quale ogni giorno legge i rapporti della nostra intelligence secondo cui l’«invasione» nel prossimo futuro non potrà che aumentare ad un livello che potrebbe non essere più governabile.

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