L'Editoriale / Bergamo Città
Venerdì 24 Ottobre 2025
La «montagna terapia» come strumento di inclusione
I PROGETTI. Un aiuto ai ragazzi con disturbi dello spettro dell’autismo per scoprire le proprie capacità.
La montagna è un luogo di silenzio e forza, di sfida e bellezza, dove ogni passo richiede attenzione, equilibrio e fiducia. È proprio da questa dimensione - fisica e simbolica nello stesso tempo - che nasce la «montagnaterapia», un approccio terapeutico che utilizza l’esperienza dell’ambiente montano come strumento di benessere psicologico, relazionale e corporeo.
Nata dall’incontro tra discipline sanitarie e cultura della montagna, la «montagnaterapia» si propone come un percorso di crescita personale e collettiva, in cui l’attività fisica si intreccia a filo doppio con la consapevolezza emotiva e la costruzione di relazioni significative.
Camminare in montagna o affrontare una parete da arrampicare diventa un atto educativo e terapeutico: l’impegno richiesto per salire, la capacità di affrontare la fatica, la necessità di fidarsi dell’altro e di sé stessi rappresentano metafore concrete dei passaggi evolutivi che ciascuno vive nella propria crescita. Il contatto con la natura favorisce il radicamento e la calma interiore, mentre la sfida motoria stimola concentrazione, pianificazione e resilienza.
La «montagnaterapia» offre benefici molteplici. Sul piano fisico, migliora la coordinazione, l’equilibrio e la percezione corporea. Sul piano cognitivo, richiede attenzione, memoria, pianificazione e capacità di risolvere problemi.
La «montagnaterapia» offre benefici molteplici. Sul piano fisico, migliora la coordinazione, l’equilibrio e la percezione corporea. Sul piano cognitivo, richiede attenzione, memoria, pianificazione e capacità di risolvere problemi. Ma i vantaggi più significativi si manifestano a livello emotivo e relazionale: affrontare una parete o un sentiero stimola la fiducia, la gestione delle emozioni, la collaborazione e il senso di appartenenza al gruppo.
È con questo spirito che il Servizio di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza del polo di Trescore Balneario (Asst Bergamo Est), diretto dal dott. Filippo Gitti, sotto la guida della dottoressa Cinzia Carminati (psicologa) e della dottoressa Paola Vercelli (neuropsichiatra infantile) e con la collaborazione dottoressa Sara Cossali (educatrice), ha sviluppato un progetto dedicato a un gruppo di ragazzi con disturbo dello spettro dell’autismo «di livello 1».
Oltre all’attività clinica e alle esperienze di arrampicata indoor e outdoor, è stato condotto uno studio in collaborazione con l’Università degli Studi di Bergamo e la SiMonT (Società Italiana di Montagnaterapia), allo scopo di verificare come tale percorso potesse favorire il miglioramento delle funzioni esecutive, delle abilità relazionali e delle competenze socio-emotive dei partecipanti.
L’arrampicata, infatti, richiede non soltanto impegno fisico, ma anche concentrazione, memoria e capacità di pianificazione: ogni movimento implica una strategia, una valutazione costante e la fiducia in chi sostiene da terra.
L’arrampicata, infatti, richiede non soltanto impegno fisico, ma anche concentrazione, memoria e capacità di pianificazione: ogni movimento implica una strategia, una valutazione costante e la fiducia in chi sostiene da terra. È un’attività che educa all’attenzione, all’autoregolazione e alla cooperazione, trasformando la parete in un vero e proprio laboratorio di esperienze emotive e relazionali.
Nel corso del biennio, il progetto si è svolto con cadenza settimanale, da ottobre a giugno, alternando incontri presso la sede del Servizio di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza di Trescore Balneario dell’Azienda socio sanitaria territoriale Bergamo Est ad attività di arrampicata indoor in palestra, condotte da istruttori del Club Alpino Italiano delle sezioni di Albino e Trescore Balneario, e a un’uscita in ambiente naturale presso la falesia di Casazza.
Il percorso si conclude tradizionalmente con un trekking di due giorni, un’esperienza particolarmente attesa sia dai ragazzi che dagli operatori, pensata per condividere e valorizzare le competenze acquisite da ciascun partecipante. Inoltre, la decisione di far partecipare tutti attivamente, istruttori, operatori e ragazzi, senza distinzioni, favorisce un clima di inclusione e appartenenza. Lavorare insieme crea legami più forti e stimola un senso di comunità, fondamentale in un contesto educativo. Questo approccio paritario promuove il rispetto reciproco e la condivisione delle esperienze, rendendo l’arrampicata un’occasione unica di crescita collettiva.
Quest’anno la destinazione è stata la Val di Mello, affiancati anche dalla dottoressa Marta Prandini (neuropsichiatra infantile), un luogo simbolico dove la fatica e la bellezza del paesaggio diventano parte integrante del processo educativo e terapeutico.
L’esperienza ha confermato come la montagnaterapia, e in particolare l’attività di arrampicata, rappresentino un valido strumento per promuovere l’inclusione, la consapevolezza di sé e la fiducia nelle proprie capacità.
Come sottolineano le dottoresse Carminati e Vercelli, «in montagna si impara che la forza non è solo quella fisica, ma anche quella di chiedere aiuto, di fidarsi e di credere in sé stessi». In cima a ogni parete, accanto alla soddisfazione della conquista, i ragazzi portano con sé la certezza di poter affrontare anche le sfide della vita quotidiana, un passo e una presa alla volta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA