
L'Editoriale
Lunedì 26 Maggio 2025
L’allergia alle regole di Salvini (ma non solo)
ITALIA. Quando un ministro della Repubblica osa insultare il Presidente della Repubblica, dandogli abusivamente del «qualcuno», vuol dire che il Paese (la «Nazione», direbbe Giorgia Meloni) è ormai su una china preoccupante.
Il ministro in causa - sarebbe difficile sbagliare – è Matteo Salvini. Un uomo che non riesce mai a stare zitto e soprattutto che non ha il senso del limite. Le sue performance sono sempre fuori misura, nell’incapacità di confrontarsi su qualsivoglia argomento. Alla base del suo atteggiamento insolente c’è una profonda ignoranza delle Istituzioni e una assoluta insofferenza nel rispetto dell’equilibrio dei poteri in una democrazia. Sul suo comportamento nel disegno di legge sul ponte di Messina non si può che compiangere un leader di partito e deputato in Parlamento che dimostra di non conoscere nemmeno i fondamenti della Costituzione repubblicana.
Sul suo comportamento nel disegno di legge sul ponte di Messina non si può che compiangere un leader di partito e deputato in Parlamento che dimostra di non conoscere nemmeno i fondamenti della Costituzione repubblicana
Il ruolo del Presidente della Repubblica
Il Capo dello Stato non ha fatto altro che utilizzare un potere che la Costituzione gli riconosce: rinviare alle Camere un disegno di legge che considera, in tutto o in parte, lesivo delle norme vigenti. Il caso «qualcuno» inscenato da Salvini non sorprende, tenuto conto della sua ineffabile propensione alla gaffe. Sorprende, ma fino a un certo punto, l’atteggiamento dei suoi compagni di governo (Fratelli d’Italia e Forza Italia) che si sono limitati a fumosi distinguo, senza prendere nessuna posizione chiara sul deprecabile comportamento del loro alleato. In questo contesto l’indomabile Salvini fa sapere al mondo intero che intende insistere sul disegno di legge del ponte, presentando in Parlamento un emendamento in grado di sostituire quello rinviato dal Presidente Mattarella.
Cosa dire? Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere. L’attuale esecutivo ha stabilito molti record in fatto di emendamenti, con i quali sfugge a ogni tentativo di permettere dibattiti parlamentari degni di questo nome. Insomma, una squadra di governo che oscilla fra la soddisfatta tracotanza e la capacità di sgusciare nei meandri delle aule parlamentari. Del resto, sarebbe stato sorprendente il contrario. Questo Governo inanella, a giorni alterni, scivoloni, più o meno gravi, su una moltitudine di questioni. Lasciamo stare, per carità di patria, le scempiaggini di alcuni ministri o l’atteggiamento altezzoso di politici di parte alle prese con la Giustizia.
Molto fumo e niente arrosto
Preoccupa maggiormente il criterio comunicativo della presidente del Consiglio, basato sulla sconcertante abitudine a svicolare dal confronto con la stampa, sostituito dalle giaculatorie ai microfoni senza diritto di replica. In questa prima metà di legislatura Giorgia Meloni ha abituato gli italiani ad ascoltare – e spesso a subire – discorsi evasivi, oppure attacchi virulenti e scomposti alle forze di opposizione. Tutto in modo raffazzonato, talvolta condito da errori marchiani, come è accaduto nella confusione da lei fatta sul valore e sul significato dello spread.
A suo vantaggio, occorre riconoscerlo, la capacità di incunearsi, nel momento giusto e nelle occasioni importanti della politica internazionale. Con il risultato di dare l’impressione di un rilievo politico tutto da dimostrare. Come si diceva un tempo «molto fumo e niente arrosto».
Nel pericoloso contesto internazionale attuale occorrerebbe un Governo all’altezza della situazione. Prendere atto del «modello Meloni» suscita preoccupazione. Al riguardo vale la pena di osservare che il Presidente della Repubblica non interviene sulle scelte dell’esecutivo, poiché ciò implicherebbe una lesione dell’equilibrio dei poteri. Ancora una volta Mattarella impartisce una lezione magistrale di buon governo. Chissà se il governo Meloni saprà o vorrà tenerne conto.
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