Le ambiguità sulla guerra, Mattarella fa giustizia

Il limpido discorso con cui il presidente Mattarella ha celebrato il 77° anniversario della Festa della Liberazione ha fatto giustizia di tante, troppe ambiguità che hanno segnato il confronto pubblico italiano sul tema della guerra in Ucraina, cioè dell’invasione decisa da Putin di uno Stato libero e sovrano. Lo ha fatto, Mattarella, citando Liliana Segre: qualche giorno fa la senatrice a vita reduce dai lager ha detto: «Quest’anno cantando Bella Ciao per il 25 Aprile, non sarà possibile non pensare all’Ucraina, a chi “una mattina si è svegliato e ha trovato l’invasor”».

È bastato, al Capo dello Stato, far propria questa semplice considerazione di una vittima del nazifascismo, dell’antisemitismo, della violenza, per troncare di netto la stucchevole discussione italiana se si debba o meno riconoscere agli ucraini il titolo di «Resistenti»: Mattarella li ha proprio chiamati così, «resistenti ucraini».

L’altro giorno, ricevendo le associazioni partigiane, combattentistiche e d’Arma, era stato ancora più netto: «Dal “nostro” 25 Aprile - ha detto - nella ricorrenza della data che mise fine alle ostilità sul nostro territorio, viene un appello alla pace. Alla pace, non ad arrendersi di fronte alla prepotenza», frase che ha come è evidente anche un rilievo costituzionale. Mattarella ha confermato così tutto il proprio appoggio alla scelta fatta dal governo e ratificata alla quasi unanimità dal Parlamento, di sostenere in ogni modo la Resistenza ucraina, non soltanto con iniziative di solidarietà umanitaria ma anche inviando armi utili a respingere l’attacco dei russi invasori. La totale sintonia del Capo dello Stato con gli indirizzi politici espressi dal governo e dai partiti di maggioranza e di opposizione, si ricollega anche alle parole che i partigiani superstiti, anche diversamente dalle posizioni ufficiali dell’Anpi, hanno usato nelle celebrazioni di ieri. L’avvocato Cesare Segre, 103 anni, a Milano è stato più che esplicito: «I partigiani di oggi sono in Ucraina a combattere per la libertà contro il razzismo, l’antisemitismo, per un Paese libero senza padroni per un futuro migliore». Purtroppo questa posizione così inequivocabile e sofferta in vari cortei è stata «sporcata» dalle contestazioni di alcuni gruppuscoli contro i partiti di centrosinistra e la Brigata ebraica, da sempre bersaglio delle contestazioni estremistiche. Ma certo questo non ha turbato più di tanto il presidente della Repubblica che si trovava ad Acerra, città medaglia d’oro per lo spaventoso eccidio che vi perpetrarono i nazisti il 3 ottobre 1943 quando uccisero circa novanta civili tra cui anziani, donne e bambini (il più piccolo dei quali, Gennaro Auriemma, aveva appena un anno) quale rappresaglia per il tentativo degli uomini di sottrarsi alla deportazione in Germania.

Proprio ricordando quel tragico episodio, e sottolineando che la qualifica di «resistente» deve essere conferita a chiunque si opponga alla violenza dell’invasore, Mattarella ha aggiunto: «Oggi, in questa imprevedibile e drammatica stagione che stiamo attraversando in Europa, il valore della Resistenza all’aggressione, all’odio, alle stragi, alla barbarie contro i civili supera i suoi stessi limiti temporali e geografici».

Ecco dunque il carattere universale della lotta per la pace, la libertà, che si applicava all’Italia nello sforzo di liberarsi dal giogo nazifascista e che, per conseguenza, si applica oggi all’Ucraina che rifiuta con una lotta di popolo il di essere sottoposto con la forza al dominio di una potenza straniera.

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