Le stazioni e le facili (e illusorie) soluzioni

IL COMMENTO. Vero, la sicurezza alla stazione è un problema. Anzi, alle stazioni, perché nel mazzo c’è quella delle Autolinee, dei treni e della Teb, e già questo dovrebbe aiutare a capire la vastità del problema. Anche solamente in metri quadri. Per risolvere un problema, qualsiasi problema, servono però progettualità e visione e soprattutto non si possono cercare scorciatoie, di qualsiasi tipo siano.

Quelle di chi elude il problema ma anche quelle di chi punta su una militarizzazione degli spazi, semplicemente improponibile per diversi motivi, in primis il buon senso. Questo non vuol dire che la questione sicurezza non debba venire affrontata, ci mancherebbe, ma mostrare i muscoli (solo quelli...) non serve a granché: anche solo per il fatto che i mezzi a disposizione delle forze dell’ordine sono quelli che sono e chi nega la loro presenza in stazione nega semplicemente la realtà. Magari non sarà sufficiente, ma c’è.

Partiamo però proprio da un dato di realtà, le stazioni sono per natura un luogo problematico ovunque, in Italia come in Europa. Ci sono città inglesi che hanno optato per soluzioni radicali, eliminare piazze e spazi pubblici esterni per limitare le presenze stanziali di senzatetto e malintenzionati. Che non sono scomparse, beninteso, si sono semplicemente spostate altrove. E anche questo va sempre ricordato se si vuole affrontare la questione con serietà e non facendo facile propaganda, magari a colpi di like: la marginalità e il disagio non scompaiono a colpi di bacchetta magica o proclami, si spostano solamente.

Per una sfida così complessa servono risposte che vanno di conseguenza e capaci di muoversi su più piani: quello educativo, quello delle infrastrutture e quella della sicurezza. Nessuno dei tre deve e può mancare, illusorio pensare di affrontare la questione insistendo solo su un punto. Nell’area delle stazioni si muovono ogni giorno migliaia di giovani, quelli diretti nei vari istituti scolastici ma anche quelli che dal sistema sociale e dell’istruzione sono stati espulsi o forse nemmeno mai entrati. Inutile negare che molti di loro sono immigrati di seconda e terza generazione e che il fenomeno delle baby gang stia dilagando in modo preoccupante anche nella nostra provincia, così come pensare che sia solo un problema di ordine pubblico: la questione è prima di tutto educativa ed è qui che ognuno deve davvero fare la propria parte, lavorando per integrare e non cavalcando i malumori per un facile consenso politico. Al quale poi quasi mai seguono soluzioni vere.

Sul versante delle infrastrutture, ovvero degli spazi fisici, è necessario prendere atto che gli attuali spazi sono pressoché incontrollabili per la loro vastità, a cominciare proprio da una stazione Autolinee concepita negli anni ’50 e assolutamente inadatta alle necessità moderne. Anche di sicurezza. Nel rifacimento delle stazioni verrà ricollocata con criteri più funzionali dal lato opposto all’attuale, in diretto rapporto con quella dei treni che assumerà anche funzioni più commerciali. La scelta potrà fare storcere il naso ai puristi ma anche qui serve un sano realismo: le stazioni capaci di trasformarsi da insicuro luogo di passaggio a nuove polarità cittadine l’hanno fatto lavorando su un mix di funzioni.

Solo lavorando su questi due piani il terzo assume una valenza davvero risolutiva: la sicurezza e la presenza delle forze dell’ordine sono una condizione imprescindibile ma da sola non può bastare, la risposta è necessariamente più articolata e complessa, come del resto le dinamiche della società in cui viviamo. L’attuale area delle stazioni è uno spazio assolutamente indefinito e vasto, troppo per essere sicuro e una soluzione la dobbiamo a quelle migliaia di studenti che ogni giorno la percorrono con timore e passo svelto per paura di brutti incontri. Ma lasciando da parte proclami e muscoli, qui serve testa e anche un pizzico di cuore.

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