Le strategie di Trump divideranno i nostri poli: la storia ce lo insegna

MONDO. Il documento di «Strategia di sicurezza nazionale», elaborato dal governo statunitense, mette nero su bianco quello che Trump ha più volte enunciato.

Se prima restava un margine di incertezza sugli orientamenti della maggiore potenza mondiale in politica estera, ora la nuova dottrina Usa in tema di politica estera ha il crisma dell’ufficialità. Non solo: per certi versi, tale documento conferisce all’indirizzo di politica estera ancora maggiore radicalità. Non più America First ma America Only: da Prima l’America a Solo l’America. Una progressione dell’isolazionismo nazionalista, portato all’estremo, che sfocia in un disimpegno Usa in campo internazionale, con buona pace dei vincoli di alleanza stretti da decenni con i soci della Nato.

Una nuova epoca

È tempo che l’Europa, non solo i governi ma anche i cittadini, prendano atto che si è aperta una nuova epoca. L’amministrazione americana ha dato il ben servito all’Alleanza atlantica. Finché era Trump ad enunciare la nuova dottrina, si poteva sperare che funzionasse il famoso adagio di Eduardo: «Adda passà ‘a nuttata», in attesa di un nuovo inquilino alla Casa Bianca. Ora non più. Del resto Trump non fa che portare all’estreme conseguenze una tendenza in atto quantomeno da Obama.

L’Europa, fatte salve Inghilterra e Francia che hanno sempre avuto grandi imperi, in questi ottant’anni di pace americana ha di fatto appaltato la politica estera agli Yankee. L’Italia poi, dopo la disgraziata avventura imperiale mussoliniana, è tornata a non dare l’importanza che merita alla politica estera. Ha ripreso quell’indirizzo bene espresso un secolo e mezzo fa da Benedetto Cairoli della «politica delle mani nette».

L’Italia poi, dopo la disgraziata avventura imperiale mussoliniana, è tornata a non dare l’importanza che merita alla politica estera. Ha ripreso quell’indirizzo bene espresso un secolo e mezzo fa da Benedetto Cairoli della «politica delle mani nette».

Abbiamo pensato che l’Europa fosse un’isola felice di pace in un mondo ancora tormentato da continue guerre. Ci siamo illusi che la politica estera si dovesse limitare a generose operazioni di pace. C’ha pensato Putin a ricordarci che la politica estera può essere ben più tremenda cosa e Trump ha fatto il resto, togliendoci lo scudo americano.

La politica estera

Ci eravamo dimenticati che la politica interna, la pace, la democrazia, la libertà non sono variabili indipendenti e che la dinamica politica interna è condizionata dalla politica estera. Basta guardare al nostro passato. Ogni volta che nel quadro internazionale si è consumata una frattura, questa si è subito riverberata anche al nostro interno. Due esempi. La prima guerra mondiale e il dilemma interventismo/neutralismo sconquassano il sistema politico. L’Italia non si divide più tra liberali e socialisti, ma tra favorevoli e contrari a dichiarare guerra. Secondo. Se guardiamo a questo dopoguerra, è stata la guerra fredda a disegnare il nostro sistema tra comunismo e anticomunismo.

Non sarà facile all’Italia conservare intatto il bipolarismo destra /sinistra che ha disegnato questi trent’anni. Il dilemma sì/no ad un riarmo europeo, sì/no al sostegno all’Ucraina ha già diviso entrambi i poli, e il paradosso è che si ritrovano sulla stessa linea (fine degli aiuti all’Ucraina, no a nuovi armamenti) proprio Lega e M5S che si pongono all’estremità l’una dall’altra. Come potranno reggere i due poli se, come è probabile, la politica estera sarà regolata dalla logica della forza e da noi s’ imporrà la frattura riarmo europeo sì/no?

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