
L'Editoriale
Lunedì 21 Luglio 2025
Le vite spiate dalla Rete: il problema è di tutti
MONDO. La cronaca dei due «poveri» amanti sorpresi da una telecamera al concerto di Boston dei Coldplay ha fatto il giro del pianeta, ma al di là degli aspetti pruriginosi e delle storie personali dei due, la vicenda è un pessimo ma emblematico esempio di come siamo finiti in basso nel campo della violazione della propria vita privata.
Il Grande Fratello preconizzato da Orwell ormai è talmente pervasivo e onnipresente che quasi non ce ne rendiamo conto. E invece è venuto il momento di riflettere su questa occhiuta, maliziosa e indecente esposizione delle nostre vite e su quanto sia importante l’etica e l’agoretica, proprio a partire dal caso delle due vittime della «kisscam», la telecamera che ai concerti va in cerca di spettatori in atteggiamento affettuoso e poi li proietta sugli schermi per creare «ambient».
Fino a qualche anno fa Andy Byron e Kristin Cabot, amministratore delegato e capo del personale di Astronomer, facendo quello che hanno fatto, non sarebbero mai finiti in un tritacarne globale.
L’altro giorno invece hanno subito il seguente trattamento: inquadrati in atteggiamento tenero da una telecamera durante il concerto e proiettati sui maxischermi dello stadio; additati al pubblico ludibrio dal leader dei Coldplay, Chris Martin, quando i «reprobi» si sono girati per non farsi riconoscere («quei due o hanno una relazione o sono molto timidi», ha gridato per fare lo spiritoso); finiti in diretta in Tv e nei notiziari, riconosciuti da molti cybernauti grazie a un sistema digitale di riconoscimento facciale e inghiottiti con nome e cognome dalla Rete; giudicati, derisi, svergognati, biasimati, lapidati dal coro greco dei social, un’immensa latrina mediatica dove si può dire tutto e il contrario di tutto, senza il timore di essere puniti per questo, ma solo in preda a spasmi pruriginosi, per nulla rispettosi delle conseguenze di quel pubblico ludibrio globale.
Il punto di rottura della riservatezza
Gli amanti sorpresi al concerto dei Coldplay rappresentano il punto di rottura di una deriva che ha spogliato le nostre vite della riservatezza. La scannerizzazione dell’altrui esistenza, amplificata tra chat e internet, diventa l’ultima mercificazione, la violazione (violenta) del diritto a vivere senza essere spiati, ovviamente al di fuori dei casi previsti dalla legge o per esigenze collettive di sicurezza.
La nostra identità gestita da privati
Tutto questo è possibile anche grazie alle app di riconoscimento che ormai riescono a scavare nella vita privata con una sola foto. Ci aspetta un futuro distopico, stile Minority Report, in cui tutti siamo sotto osservazione e potenzialmente imputati. La nostra identità, il nostro vissuto, possono essere ricostruiti con un clic a partire dalla nostra faccia. È un’arma a doppio taglio, non è del tutto negativa (per esempio nella ricerca dei malviventi), ma bisogna normarla e governarla. E invece è gestita da privati, che di per sé non devono rispondere a interessi che riguardano la collettività. E alla fine a comandare sono gli algoritmi, come nel caso dei due poveri amanti.
Va detto che in Italia sul piano giuridico non siamo all’anno zero. Ci sono già stati episodi di esposizione involontaria o non autorizzata e di diffusione pubblica con impatto personale o morale che hanno portato a conseguenze legali e risarcimenti. Il problema è che la Rete non conosce confini giuridici ed è estremamente frammentata, pervasiva, diffusa e alla fine inafferrabile. C’è solo l’algoritmo, che gira come una slot machine e quando esce la tua faccia può essere la fine. O l’inizio della fine. Chi sarà il prossimo?
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