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ITALIA. Ora anche due governatori si aggiungono alla lista di leader ed esponenti del centrodestra che invitano gli italiani a non andare a votare l’8 e il 9 giugno per i cinque referendum promossi dalla Cgil di Maurizio Landini e appoggiato, in modi diversi, dai partiti dell’opposizione.
Le voci del lombardo Attilio Fontana e del friulano Massimiliano Fedriga si sono accomunate a quelle di Antonio Tajani e soprattutto di Ignazio La Russa, che hanno rivendicato la legittimità del non-voto referendario (essendo prevista la validità solo con un quorum della maggioranza degli aventi diritto) ma anche annunciato che faranno propaganda per la diserzione dalle urne.
Da qui molte grida di scandalo da parte dei partiti della sinistra che considerano quello un atteggiamento non istituzionale ma dimenticano che in anni passati hanno usato la stessa arma: per esempio nel 2016 il Pd chiese l’astensione sulle trivelle, o nel 2003 i Ds fecero fallire i referendum di Bertinotti sul lavoro. Del resto non è questa l’unica contraddizione della sinistra di fronte ai cinque referendum di Landini (quattro sul lavoro, tra cui l’abrogazione della riforma Renzi che abolì l’articolo 18, e uno che abbrevia i tempi per gli extracomunitari che chiedono la cittadinanza italiana): lo ha detto con perfidia proprio Renzi ricordando agli smemorati che si chiede di cancellare normative approvate dai governi Renzi, Gentiloni e Conte, tutti di centrosinistra: «Come faranno quelli del Pd che approvarono in Parlamento il Jobs Act a dichiararsi favorevoli alla sua abrogazione?».
Nel Pd, soprattutto nella componente riformistica, i malumori non sono pochi ma la segretaria Elly Schlein ha dettato la linea: si sta dalla parte della Cgil.
Giuseppe Conte ha proposto ai suoi di votare sì all’abrogazione delle norme sul lavoro e personalmente si è dichiarato per il sì anche sulla cittadinanza (il M5S su questo ha lasciato libertà di coscienza). Tutti sì anche da Verdi e Sinistra radicale. Calenda andrà a votare ma chiederà quattro no (sul lavoro) e un sì (sulla cittadinanza). Il leader di Azione considera i referendum «parte della campagna elettorale di Landini per diventare il leader del centrosinistra»: supposizioni sui progetti del capo della Cgil girano da tempo; di sicuro il referendum, se riuscisse a passare sarebbe soprattutto una vittoria sua.
Ma passerà? Oggi è veramente un’impresa improba, considerando che l’area dell’astensione al voto, secondo gli ultimi sondaggi, è superiore a quella che si registrò alle ultime Europee, quando andò a votare meno del 50 per cento degli elettori. Anche per questo infuria una polemica dei referendari contro la Rai, accusata di boicottare l’appuntamento di giugno distribuendo con il contagocce l’informazione sulla materia del contendere. La Rai si difende ricordando che gli esponenti del centrodestra si rifiutano di partecipare alle trasmissioni (a parte Maurizio Lupi) e, senza di loro non si può andare in onda: mancherebbe la par condicio.
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