L’eclisse del populismo? Solo un’illusione: in Europa è vivo e vegeto

Da qualche tempo si è avvalorata l’idea che l’onda lunga del populismo stia rapidamente rifluendo. Inducono a pensarlo alcuni fattori, come il minor favore che i suoi portabandiere incontrano nell’opinione pubblica o il precipitoso abbandono che i suoi fautori hanno compiuto sotto l’urto delle dure repliche della storia.

Sembra un secolo fa - e invece sono passati solo quattro anni – quando Cinquestelle e Lega superavano il 50% dei consensi. Ora hanno più che dimezzato le loro forze, almeno a dar fede ai sondaggi. Nel frattempo, salvo pochi impenitenti, hanno spergiurato i loro originari atti di fede: l’anti-europeismo, l’anti-atlantismo. Questa precipitosa abiura non deve indurre però ad affrettate conclusioni.

Il populismo in Europa è vivo e vegeto e continua ad aggirarsi tra di noi. Lo si è visto domenica scorsa in Francia. Alle elezioni presidenziali, tra Rassemblement National di Marie Le Pen, France insoumise di Jean-Luc Melanchon e Réconquete di Èric Zemmour, la causa populista ha raccolto il sostegno quasi della maggioranza. Attenti perciò a proclamare: pericolo rientrato. Non lo è per niente. Pensiamo solo a quale ritorno di fiamma assisteremmo in Europa se la Le Pen riuscisse tra una settimana a spuntarla su Macron.

Ma c’è di più. Sono molti altri gli indicatori che attestano lo stato di buona salute del populismo. Se ha perso visibilità sulla scena politica, in compenso ha messo salde radici nella società. Fino a non molto tempo fa l’opinione pubblica si orientava lungo l’asse che opponeva destra a sinistra. Ora non più, o almeno solo in parte. Predomina il discrimine: alto contro basso, élite contro popolo. La globalizzazione ha oscurato la vecchia contrapposizione tra borghesia e classe operaia, tra ceti benestanti e lavoratori. Prevale ormai la divisione tra vincenti e perdenti della dirompente liberalizzazione economica mondiale. Ci sono alcuni (pochi) che ne traggono enormi vantaggi e altri (i più) che ne pagano le conseguenze: basse remunerazioni, disoccupazione per dismissioni o trasferimenti di attività produttive in Paesi a più bassi salari, perdita di posti di lavoro per razionalizzazione tecnologica e introduzione di robot.

L’establishment ha separato il suo destino dal popolo. Quest’ultimo diffida di ogni atto che attua il vertice, qualsiasi vertice: politico, economico, finanziario. Regna sovrana la sfiducia, spesso un’aperta contrarietà a tutto ciò che viene dall’alto. Il governo propone il vaccino contro il coronavirus? È al servizio di Big Farma. Anzi, forse sta solo rendendosi complice del complotto giudaico-massonico dei vari potenti della terra: Bill Gates, George Soros, Rockefeller e Rothschild, tutti amici di Draghi, banchieri come lui. L’Italia si allinea alla Nato e fornisce armi all’Ucraina? È il solito gesto di servilismo nei confronti dell’imperialismo yankee. I media trasmettono scene di crudeltà inaudita a Bucha e a Mariupol? È solo una messa in scena di Zelensky. Mai credere alle verità propinate dall’establishment, nemmeno se avvalorate da prove scientifiche. Anche gli scienziati fanno parte dell’elite.

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