Logistica, l’assalto alla pianura è fuori controllo

Il commento. L’impressione, quando si parla di governare l’insediamento della logistica sul nostro territorio, è che i buoi siano in parte già scappati dalla stalla. I capannoni sorti negli ultimi anni sono parecchi, con l’asta della Brebemi e la A4 a giocare un ruolo centrale. La sfida di costruire una regia rischia insomma di giocarsi all’inseguimento e con un gran fiatone, sulla falsariga di quanto si era già visto anni fa col boom di supermercati e strutture commerciali.

Ma questo non rende la regolamentazione meno necessaria, anzi: semmai, ne aumenta l’urgenza. Senza negare a priori le potenzialità in termini di sviluppo e il valore economico del settore (in Lombardia la logistica «pesa» oltre 10 miliardi di fatturato e conta più di 90mila addetti), ma ponendosi i necessari interrogativi su collegamenti, paesaggio, sostenibilità ambientale e sociale. Oggi un coordinamento sulle decisioni manca quasi totalmente: nella gran parte dei casi la scelta, se non sono necessarie varianti urbanistiche o valutazioni ambientali specifiche, è in mano ai singoli Comuni. Che da un lato fanno i conti con casse non sempre floride, e dunque possono essere allettati da oneri di urbanizzazione e compensazioni, oltre che dalle ricadute occupazionali promesse. Dall’altro, di fronte alle richieste di grandi operatori privati, rischiano di trovarsi come Davide contro Golia.

La Provincia, con lo studio avviato insieme all’Università e con il coinvolgimento degli attori del territorio, inclusi quelli economici, sta provando a delineare possibili strategie. Ma le armi, come emerge anche dal primo report presentato ieri dal Centro studi Lelio Pagani, risultano al momento piuttosto spuntate. Qualcosa ha iniziato a muoversi in Regione, tra l’altro con una proposta di legge che nei mesi scorsi ha cominciato il suo iter e che sembra voler segnare un netto cambiamento nelle procedure autorizzative. Per parlarne seriamente sarà però inevitabile aspettare il dopo-elezioni del 12 e 13 febbraio per Palazzo Lombardia: c’è da augurarsi, se non altro, che la logistica e le sue ricadute trovino nella pur breve campagna elettorale un palcoscenico e un luogo di discussione, così da entrare tra le priorità del nuovo mandato.

I temi che si incrociano sono tanti: non solo la viabilità (che comunque in pianura è un argomento imprescindibile. Non a caso, in questi mesi sembra tornato in auge l’obiettivo della Nuova Cremasca, che garantirebbe tra l’altro proprio il collegamento tra le logistiche della pianura orientale e l’aeroporto), ma anche il consumo di suolo, il paesaggio, la formazione professionale, gli aspetti sociali. È stato più volte evidenziato infatti come soprattutto alcuni insediamenti più grandi portino ad attrarre sul territorio lavoratori da fuori, spesso stranieri, con punti di domanda sulla qualità del lavoro e delle retribuzioni. Ovvio che questo apra capitoli sulla casa, i servizi, anche l’integrazione. È dei giorni scorsi l’allarme del sindaco di Cividate sulla carenza di case per i nuovi lavoratori arrivati in paese, mentre da Chiuduno si segnala il rebus di un capannone pronto da un paio di mesi, per cui si era parlato dell’arrivo di Amazon, ma nel quale al momento nessuna attività risulta operativa. Come andrà a finire questa storia non lo sappiamo, ma di certo ha fatto scattare qualche campanello d’allarme rispetto al rischio di ritrovarsi pure con delle «cattedrali nel deserto».

Anche per questo gli esperti dell’Università di Bergamo hanno posto l’accento sulla necessità di costruire un sistema dinamico nel leggere i fenomeni, capace di «resilienza» e di adattarsi ai rapidi cambiamenti del settore, pensando persino a strutture che siano in qualche modo «reversibili». Il fenomeno corre su tempi ben diversi di quelli usuali di legislatori, burocrazia e pubbliche amministrazioni. Ma chissà che non sia l’occasione per un vero «scatto».

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