Mattarella in Africa: quella luce non va spenta

MONDO. Nello smarrimento collettivo di questa epoca tragica, la politica fatica a dare una rotta ideale e rassicurante, salda nei principi e negli ideali. I partiti sono condizionati dalla ricerca del consenso, dai sondaggi e dal dibattito quotidiano.

Si percepisce un’assenza di prospettive, di mete unificanti e di un respiro largo. In questo panorama si staglia la figura di Sergio Mattarella, con le sue parole sempre misurate e precise, con richiami puntuali ispirati non solo dal rispetto della Costituzione e incanalati dal ruolo istituzionale, ma da un’indole schiva, da una lunga formazione politica in una delle scuole della Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana. Ma anche da una biografia segnata dal dolore: il fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, venne ucciso da un sicario di Cosa Nostra il 6 gennaio 1980 a Palermo, mentre si recava a Messa con i familiari. Un lutto grave che ha segnato la vita del Capo dello Stato e lo ha messo a confronto con il male, con la violenza più brutale dell’uomo sull’uomo, restituendogli una gerarchia delle priorità esistenziali e una capacità di parlare delle tragedie contemporanee con senso della realtà e della giustizia.

È passata un po’ in sordina l’importante missione che il presidente della Repubblica ha compiuto in settimana in Africa, continente ferito da conflitti, povertà e sopraffazioni ma anche ricco di giovane umanità, di storia e di cultura. Gli interventi di Mattarella in Costa d’Avorio (primo Capo di Stato italiano a visitare il Paese) e in Ghana indicano una bussola per curare i mali africani con un approccio equo da parte dell’Occidente. Ad Abidjan ha incontrato il suo omologo ivoriano, Alassane Ouattara, e parlato «di come creare canali di migrazione legale e contrastare il traffico di essere umani», quei canali promessi dai nostri governi ma mai realizzati. A proposito del Piano Mattei varato dal governo Meloni, il presidente della Repubblica ha evidenziato che deve fondersi «nella convinzione che c’è un futuro comune tra Africa e Europa, basato su un partenariato paritario e rispettoso», non calato dall’alto. Il Piano ha escluso la partecipazione delle ong (organizzazioni non governative) che invece anche nel grande continente hanno un ruolo costruttivo nel rispondere alle emergenze e nello sviluppo. Ancora in Costa d’Avorio, Mattarella ha visitato la «Casa dell’Amicizia» della Comunità di Sant’Egidio di Roma e il plesso scolastico «Vridi Canal», 1.450 alunni dalla prima alla sesta elementare, dove l’ong italiana Avsi opera dal 2008.

Il Capo dello Stato ha valorizzato proprio il ruolo della cooperazione internazionale: «Queste attività hanno una ragione di fondo che le accomuna ed è il sogno di un’umanità migliore in cui la solidarietà garantisca a tutti un comune futuro, sereno e adeguato alla condizione umana». Parole molto attuali in un clima di disgregazione sociale, alle quali ne ha aggiunte altre: «Io come età sono collocabile fra gli anziani ma mi rivolgo soprattutto ai ragazzi nelle cui mani è il futuro del mondo perché abbiano la volontà di esprimere costantemente la propria personalità insieme agli altri, in maniera solidale perché insieme si cresce meglio e si vive bene». Il mondo cambia se cambiano le persone, se percepiscono la dimensione comunitaria e sociale come propria.

In Ghana, dopo aver incontrato il presidente Nana Akufo-Addo, il Capo dello Stato è tornato sul Piano Mattei: «La scelta del nome non è casuale perché Mattei è stato davvero un amico dell’Africa occidentale, del continente intero contro ogni forma di sfruttamento coloniale, per una collaborazione paritaria a tutela delle risorse locali». Ma non sono mancati richiami alla grave situazione del mondo, destabilizzato dai due grandi conflitti in corso in Ucraina e nel Vicino Oriente. Mattarella si sottrae dal clima di rassegnazione: «Bisogna lavorare per un rafforzamento dell’Onu. Le sfide che abbiamo di fronte, come umanità, richiedono grande collaborazione internazionale. La riforma delle Nazioni Unite deve diventare una priorità, è necessaria da tempo». Proprio l’Onu nei giorni scorsi ha reso noto un dato importante: nel 2022 per la prima volta in Africa le morti di bambini sotto i 5 anni sono state meno di 5 milioni. Nel 1990 morivano 181 bimbi su mille nati, oggi 71. La forte diminuzione della mortalità infantile, che rimane comunque alta, come osserva la rivista «Nigrizia» è il risultato «di decenni di sforzi per fornire servizi sanitari essenziali a basso costo e di alta qualità. In Paesi come Malawi, Ruanda e Mozambico le morti sono calate addirittura del 75%». Un contributo rilevante arriva dall’impegno generoso e tenace di missionari e di ong italiane che lavorano con le popolazioni e con le istituzioni africane. La visita di Mattarella ha acceso una luce ampia su un diverso modo di impostare le politiche per e con il continente che si affaccia sull’Europa. Tocca ora alla politica non spegnere questa luce.

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