Migranti, i valori
dell’Europa sconfitti

Negli ultimi tre giorni a Lampedusa sono arrivati in tremila, disperati ma vivi. Dall’inizio dell’anno sono 13 mila i migranti approdati in Italia e tuttavia dalle 27 capitali d’Europa non un segno, un gesto di attenzione. Questa volta nemmeno i grandi Paesi come Germania, Francia e Spagna hanno risposto. La redistribuzione su base volontaria è saltata. Almeno per ora. La pandemia è la giustificazione ma è evidente che a Nord delle Alpi il problema è rimosso. Chi ha frontiere esterne, soprattutto marittime, deve farsi carico da solo dell’arrivo dei migranti. Il ministro austriaco per gli Affari europei Karoline Edtstadler dice chiaro quello che altri tacciono: distribuire i migranti in Europa non può essere una soluzione. Sarebbe un messaggio sbagliato. Ma intanto le persone arrivano, ci sono ed è dovere occuparsene. Un giovane appena sbarcato a Lampedusa dice di aver pagato 4 mila dollari per restare due mesi in prigione in Libia. Il governo Draghi mantiene una linea di coerenza, riunisce la cabina di regia con i ministri dell’Interno, della Difesa e degli Esteri e ribadisce il dovere di assistenza a mare.

L’atteggiamento dei partner europei pone l’Italia in difficoltà. Alla rotta balcanica è stato posto un freno con l’accordo con la Turchia di Erdogan. Costa 6 miliardi alla Ue l’impegno a trattenere su suolo turco i migliaia di fuggiaschi dalle guerre di Siria e Iraq. Ed in compenso alla Ue arrivano solo sberleffi. L’ultimo a Ursula von der Leyen, privata del suo ruolo protocollare e costretta a sedere a margine in un incontro con l’autocrate di Ankara. Ma in Europa gli Stati nazionali hanno taciuto così come tacciono ora di fronte agli sbarchi a Lampedusa. La verità è che i politici temono le loro opinioni pubbliche. La Germania per esempio nel 2015 ha aperto le porte a un milione di fuggiaschi e sfollati della guerra in Siria ma adesso esita, a settembre ci sono le elezioni. È ancora fresco il ricordo del 2017 quando AfD, cioè i populisti di destra estrema, è diventato il primo partito di opposizione al Bundestag. Le forze politiche democratiche sono sensibili al problema migratorio, lo dimostrano i successi ottenuti nell’integrazione in tutti questi anni, ma temono che l’argomento occupi la scena della campagna elettorale. Il motivo è semplice: la pandemia ha colpito le fasce deboli della popolazione, i precari e poi soprattutto i commercianti dei negozi, i gestori dei locali pubblici. Cresce il timore della concorrenza a basso costo dei nuovi venuti e poi la paura di una moltiplicazione della criminalità. In verità la violenza lievita già di suo. Rispetto al 2019 vi è un aumento del 73% di atti di rilevanza penale contro le forze dell’ordine. E in questo contesto gli immigrati sono spesso le vittime.

In Francia Michel Barnier, in lizza per le presidenziali del 2022, propone di sospendere l’immigrazione per 5 anni e di ridiscutere Schengen. Il tutto a fronte di una minaccia di putsch contro Emmanuel Macron organizzata da ex generali in nome della «sopravvivenza della patria». Questo spinge Bruxelles a mutare strategia. La Commissaria Johansson detta la linea: «Salvare vite in mare è sempre un obbligo ma dobbiamo lavorare per frenare le partenze».

Il governo Draghi intende porre la questione all’ordine del giorno al vertice europeo del 25 maggio. Gli interventi di sostegno per gli Stati africani hanno una valenza pluriennale ma adesso servono interventi nel sistema di gestione all’ interno dell’Ue. Il collante ideale che dà identità all’Europa sono i valori di dignità della persona. Come la pandemia ha dimostrato anche la ragione economica passa da qui.

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