
(Foto di ansa)
MONDO. Uno per uno per strapparli dall’oblio. Uno per uno per colpire i distratti e chi volta la faccia dall’altra parte. La «Spoon River» dei bambini di Gaza è un colmo di voci che dura ore e ore, misura dell’orrore che inchioda nomi e sbaraglia i numeri.
La «Spoon River» dei bambini di Gaza è un sudario di suoni che lacera il silenzio, squarcia l’indifferenza e protegge la memoria. La sindaca di Bergamo Elena Carnevali, il Vescovo Francesco Beschi e tutti coloro che per quasi 10 ore hanno letto i nomi di oltre 12mila bambini uccisi a Gaza hanno prestato la voce ad un popolo oppresso ricordando il futuro che non avranno. Dieci ore per scuoterci dalla nostra «confort zone», dieci ore per prendere consapevolezza dell’orrore, risultato crudele della «pandemia delle armi», che ha avvolto il mondo.
Il Pontefice: «È tempo che rinuncino alla logica delle armi e imbocchino la via nel negoziato e della pace con il sostegno della comunità internazionale». Vale per Kiev, vale per Gaza
Dalla finestra su Piazza San Pietro è stato Papa Leone all’Angelus a trovare l’immagine più appropriata per fissare la vergogna globale. Dalla scuola cattolica del Minnesota a Kiev a Gaza la caccia grossa agli innocenti e l’impennata dei profitti del mercato più ignobile disonorano l’umanità. Prevost ha chiesto di «non cedere all’indifferenza» e di «farsi prossimi» con la preghiera e gesti di carità. Come ha fatto Bergamo, come aveva già fatto il Cardinale Matteo Zuppi a Monte Sole un mese fa, come hanno fatto altri e come dovrebbero fare tutti i Vescovi e tutti i sindaci d’Italia, ridando voce alla speranza spezzata di quei bambini che sono nomi e non numeri, persone e non danni collaterali o interferenze strategiche. Se potessimo leggere i nomi di tutti i bambini morti di guerra solo negli ultimi due anni non basterebbero le ore di un giorno intero, senza interruzione. Ma sarebbe un cimento ardito, una sfida unica e potente a quei «responsabili», a cui ieri il Papa ha mandato un messaggio preciso: «È tempo che rinuncino alla logica delle armi e imbocchino la via nel negoziato e della pace con il sostegno della comunità internazionale». Vale per Kiev, vale per Gaza. Leggere nomi di bambini di bambini uccisi prima di imparare a camminare, a cui abbiamo strappato infanzia e giovinezza è un gesto di fraternità e di resistenza. È la «voce della giustizia», quella che si prende cura delle persone e della terra in cui abitano.
Leggere i nomi dei bambini uccisi e ascoltarli è un segnale che spazza via la complicità del silenzio, troppo diffusa e giustificata e che nemmeno inquieta più nessuno
C’è un singolare intreccio tra la lettura di Bergamo, l’appello di Leone e la Giornata di preghiera per la cura del Creato di lunedì 1° settembre, indetta esattamente dieci anni fa da Jorge Mario Bergoglio insieme al Patriarca ecumenico Bartolomeo I. La cura della terra e della vita comporta una nuova semina di «pace e di speranza», ha ricordato ieri il Papa, «oggi più che mai importante e urgente». Seminare è dei gesti più suggestivi dell’uomo. Evoca la fiducia nella potenza della terra e nella sua capacità di farsela amica e proteggerla. Soprattutto di non tradirla, come abbiamo invece tradito la speranza dei bambini a Gaza e altrove. Oggi di speranza si muore. Dovrebbe essere un paradosso. Purtroppo non lo è, perché della speranza quei «i responsabili» non si prendono cura, non si occupano, né preoccupano. Prendersi cura della speranza significa invece riprogettare in ogni momento politiche e diplomazie. Ma non accade e di speranza si continua a morire. Il naufragio al largo della Mauritania è solo un numero in più da aggiungere ad un elenco. Lo ricorda solo il Papa. Ma sono persone, nomi e non numeri. La Comunità di Sant’Egidio nella Giornata mondiale del rifugiato li legge uno per uno nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, piccolo segno di opposizione ad un’altra indifferenza. Leggerli e ascoltarli è un segnale che spazza via la complicità del silenzio, troppo diffusa e giustificata e che nemmeno inquieta più nessuno.
Ha cominciato il Washington Post il 30 luglio a pubblicare i nomi dei bambini sterminati Gaza. Poi qualcuno ha provato a leggerli, mille nomi in un’ora. A San Sepolcro in Umbria centinaia di cittadini li hanno scritti uno per uno su una lunga fascia di carta bianca allungata sotto la loggia del Comune. Mary Evans un’ infermiera irlandese ha cominciato a ricamarli per formare un grande arazzo, fili neri per gli uomini, rossi per le donne e verdi per i bambini. Oggi ci sono 200 persone in tutto il mondo che cuciono nomi. Umili gesti, antidoto alla «pandemia delle armi».
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