Nuove povertà, le risposte mancanti

ITALIA. La cronaca del giornale di oggi - 25 agosto - ci restituisce quelle che sono le due più gravi emergenze sociali del territorio: la povertà educativa e la povertà materiale, spesso intrecciate tra loro.

Parliamo di Filago, di Bonate Sotto, ma nei giorni scorsi abbiamo raccontato di casi analoghi anche in altri centri della provincia, Caravaggio, Castione, Selvino, e pure nel capoluogo… Mai come in quest’estate 2025 i comportamenti devianti dei giovanissimi hanno fatto notizia. Vandalismi, risse, abusi di sostanze, furti, rapine: gli episodi sono quasi all’ordine del giorno. E viene naturale chiedersi che cosa stia succedendo, dove stiamo sbagliando. Qualche mese fa L’Eco ha dedicato al fenomeno dei «maranza» alcuni reportage di approfondimento, a partire dall’intuizione che oltre la moda del momento, al di là dell’atteggiamento adolescenziale di sfida e di trasgressione, si nasconde un disagio più profondo, uno spaesamento che si alimenta nella frustrazione dei continui tentativi falliti di affermazione dell’identità.

Questi gruppi di ragazzi, così poco «riconosciuti» da un mondo di adulti incapace di decifrare i loro vissuti e che tendenzialmente li percepisce solo come un problema, occupano piazze, giardini, vicoli, muretti

La mancanza di punti di riferimento forti, a partire dalla famiglia – spesso disgregata, nel caso di ragazzi di seconda o terza generazione, da esperienze migratorie complesse, quando non traumatizzanti – si scontra inevitabilmente con le barriere all’ingresso di una società sempre più polarizzata. Questi gruppi di ragazzi, così poco «riconosciuti» da un mondo di adulti incapace di decifrare i loro vissuti e che tendenzialmente li percepisce solo come un problema, occupano piazze, giardini, vicoli, muretti. Niente di nuovo: prima che inventassero i telefonini, anche le generazioni degli anni Settanta e Ottanta hanno «occupato» a modo loro, con la loro dose di trasgressione, piazzette e cortili. Ma nei quartieri e nei paesi di allora, funzionava ancora quella sorta di grande famiglia allargata che era la rete sociale del controllo di vicinato. In qualche modo, tutto era ricondotto a un mondo dalle coordinate conosciute. Oggi invece lo straniamento di questi adolescenti è doppio: generazionale, certo, ma anche sociale, perché nessuno conosce davvero la loro storia,e le famiglie, se ci sono, non fanno parte della comunità che li circonda, spesso hanno con essa un rapporto conflittuale. Lo spazio pubblico diventa allora la loro seconda pelle, senza filtri. E la legge della strada, di conseguenza, il modo più condiviso per risolvere le controversie.

Lo spazio pubblico diventa allora la loro seconda pelle, senza filtri. E la legge della strada, di conseguenza, il modo più condiviso per risolvere le controversie

Spezzare questo meccanismo, scongiurando gli alibi del determinismo sociale, diventa allora difficile, proprio perché, come confermano molti operatori, tessere legami con le famiglie di origine è spesso impresa ardua. Ma già gettare lo sguardo su questi ragazzi, incontrarli cercando di farlo in modo adulto, senza sconti sulle regole, ma anche senza pregiudizi, può essere un primo modo per gettare un ponte. Il sindaco di Bonate Sotto, Carlo Previtali, con semplicità e intraprendenza, incontra regolarmente i gruppetti di ragazzi nei parchi e in piazza, ricorda loro le regole, ma li interpella anche come interlocutori credibili, chiedendo pareri su possibili soluzioni da affrontare insieme, con l’informalità di un educatore di strada, ma con l’autorevolezza del ruolo che ricopre. Previtali non è l’unico amministratore a farsi domande sul fenomeno e a cercare di trovare soluzioni.

Fenomeno che non riguarda solo Bergamo

Come sempre succede, è dal basso che si formulano le risposte più immediate alle nuove emergenze sociali. Lo vediamo anche a Bergamo città, dove nonostante il periodo estivo le domande di pasti e letti non sono calate, mobilitando una rete di servizi di assistenza di bassa soglia ormai ultra collaudata, ma ovviamente con dei limiti strutturali. Se uno sguardo attento e focalizzato sulla cura è quindi la cifra distintiva di una comunità che non si è mai tirata indietro nel tendere la mano nei territori della marginalità (lo ha scritto in questi giorni don Davide Rota ricordando la figura di don Bepo Vavassori e la sua azione oltre i «limina» della città), è altrettanto vero però che oggi la complessità del fenomeno sembra sfuggire ai tradizionali canali di valutazione e che qualsiasi tentativo di fronteggiare il problema sconta i limiti di una involontaria miopia. La dimensione transnazionale delle nuove povertà, le loro varie implicazioni geopolitiche, la portata crescente dei bisogni, così come il disagio diffuso in una larga fascia della popolazione giovanile, che troppo spesso sfocia in devianza, pongono un interrogativo urgente rispetto al quale non bastano le risposte generose messe in campo dalle comunità locali e dalle scuole. Fino a quando questi temi non faranno ingresso seriamente nell’agenda politica, attualmente intasata da urgenze securitarie, sconteremo tutti un ritardo cronico rispetto a una realtà che viaggia più veloce della nostra capacità di comprensione.

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