Pd, il rebus alleanze guardando a sinistra

ITALIA. La Meloni si dice soddisfatta del risultato delle amministrative. Lo considera un incoraggiamento al governo a procedere sulla via delle riforme.

Lo è paradossalmente anche la sua avversaria. Per la Schlein il Pd ha dimostrato di essere in buona salute. Può guardare con ottimismo all’appuntamento del ballottaggio. Chi non ha potuto proprio cantare vittoria, visto il magro bottino delle urne, è Conte. Ha cercato di rimediare minimizzando il significato del voto: per l’ex avvocato del popolo si è trattato solo di una vicenda locale. Siamo alle dichiarazioni di circostanza. Cos’altro potrebbero dire del resto i leader di partito alla vigilia del ballottaggio?

Certo è che i giudizi interessati dei protagonisti non aiutano a cogliere le indicazioni politiche offerte dalla recente consultazione elettorale. Bisogna usare l’avvertenza di non farsi annebbiare la vista dalle specificità di un voto amministrativo. Va tenuto presente, innanzitutto, che nel rinnovo del governo degli enti locali svolge un ruolo preminente la figura del candidato sindaco. Ruolo, doppiamente esaltato dal sistema elettorale maggioritario. Questo spinge l’elettore ad esprimere un voto cosiddetto «utile», ossia a premiare il concorrente più gradito, o meno sgradito che sia.

In secondo luogo, c’è da considerare la propensione dell’elettore a valutare i concorrenti alla luce specificatamente della loro credibilità di amministratori. Queste due condizioni, se valorizzate a pieno, possono far fare bingo al candidato sindaco. Si veda il caso di Imperia. Qui Claudio Scajola, l’ex ministro che pure non poteva vantare un pedigree immacolato, avendo confessato di aver comprato una casa «a sua insaputa», non solo ha vinto. Ha stravinto contando sulle sue sole forze, senza il supporto di alcun partito.

Da ultimo, non si può non tener conto della crescente importanza assunta nelle consultazioni amministrative dal fenomeno delle liste civiche. Esse, da un lato, aiutano a scolorire il significato politico della competizione. Dall’altro, convogliano sul candidato sindaco nuovi elettori, motivati al voto dalle relazioni personali con gli animatori delle liste stesse.

Scorporando le specificità del voto amministrativo, riesce più facile coglierne le indicazioni politiche. Vediamole. Primo. Si conferma la capacità del centrodestra di mettere a tacere al momento del voto le sue tensioni interne e con ciò di presentarsi a ranghi serrati agli elettori. Il contrario del centrosinistra. Questo non solo continua a mancare una qualsiasi intesa con i potenziali alleati, ma mostra di non sapere ancora nemmeno come costruire un’alleanza capace di renderlo competitivo. Tradisce, anzi, una divaricazione dei suoi orientamenti in materia.

Nella variegata casistica di alleanze con cui il Pd si è presentato alle urne, ha fatto spicco la formula adottata a Brescia, grazie alla quale il centrosinistra ha strappato un successo pieno. La scelta vincente è stata di presentare un candidato sindaco non di partito, contrassegnato per di più da un forte connotato civico, il che ha facilitato alla sinistra il raccordo con i centristi Calenda e Renzi. Insomma, ridotta a una formula, ha vinto l’asse Pd-Terzo polo. Al momento, l’orgoglio per il successo riportato ha spinto i vertici del partito dem a mettere la sordina al carattere alternativo della formula adottata nella «città della buona amministrazione» rispetto a quella perseguita dalla sua segretaria. È notorio, infatti che la Schlein, per usare un’espressione cara a Mao Tse Tung, ha spostato il fucile sull’altra spalla, quella di sinistra, di cui il partito di Conte è gran parte. Pd-Terzo polo o Pd-M5S? Il futuro del centrosinistra si gioca tra queste due alternative.

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