Per la Lega rischio Sardegna e risultato

ITALIA. Il consiglio federale della Lega, dopo oltre due ore di riunione, ha concentrato i suoi strali sulle decisioni della Banca centrale europea in materia di tassi e sul ruolo dell’Agenzia delle Entrate («non può essere un problema per i cittadini»), insomma su due cavalli di battaglia elettorali.

Nulla il vertice di via Bellerio ha potuto dire di ufficiale sulla cruciale questione di cui si parla e su cui si polemizza tanto da settimane: le candidature in vista sia delle regionali che delle europee, e nemmeno sulla richiesta leghista di estendere ad un terzo mandato l’eleggibilità dei governatori regionali uscenti.

Bocche cucite all’uscita dal consesso, salvo qualche parola di prassi: «Vedrete che troveremo un accordo nella coalizione, l’unità del centrodestra è un valore che va preservato, Matteo troverà la quadra con Giorgia», e nulla di più. Questo vuol dire che sì, le trattative con Giorgia Meloni vanno avanti, ma nello stesso tempo segnano il passo al punto da far pensare che il Carroccio abbia ingranato la marcia indietro.

Certo, in Sardegna resta in campo la candidatura dell’uscente sardista Solinas (sia pure senza il suo nome nel simbolo depositato) ma non per questo Truzzu, il sindaco meloniano di Cagliari della nuova generazione Atreju, ha ammainato la bandiera, anzi: va avanti sicuro. Si tratta ora di capire se Salvini si prenderà la responsabilità di una corsa a due che si potrebbe risolvere in una guerra fratricida che metterebbe a rischio la vittoria in Regione.

È vero che sull’altro fronte, quello del campo largo di sinistra, si registrano altrettante divisioni, e questo per il centrodestra è comunque un sollievo, ma l’idea di una lotta tra alleati è quanto di peggio ci si possa immaginare per il futuro della destra di governo.

Allo stesso modo la battaglia per il terzo mandato – cristallizzato in una proposta di legge - non sembra avere le chances per essere vinta, e questo per il leader della Lega è un serio problema: se non resterà in Veneto oltre il 2025, Zaia – il votatissimo Zaia, «il miglior governatore d’Italia» – giocoforza dovrà presentarsi a giugno 2024 alle europee, e la sua ingombrante presenza sarebbe immediatamente commisurata alla decisione di Salvini di disertare la corsa per non ingaggiare un duello con Meloni e con le sue vagonate di voti personali. Per quanto il Doge non voglia mettersi contro il leader (anche perché nella Lega si usa così dai tempi di Bossi) tuttavia il confronto sarebbe nelle cose.

Ma soprattutto c’è da chiedersi a quale risultato complessivo la Lega possa aspirare a giugno: alle ultime europee veleggiava trionfante al trenta per cento, alle ultime politiche non è arrivata al nove.

Comunque sia, ci sarà un segno meno accanto al risultato, l’importante è che non si scenda sotto l’otto virgola otto del 2022, sarebbe un disastro che fatalmente provocherebbe una resa dei conti all’interno del movimento, e a quel punto sì che la leadership di Salvini sarebbe a rischio e a Zaia verrebbe chiesta una iniziativa personale, ossia una prova di coraggio.

E questo per la Lega. Anche Forza Italia ha i suoi problemi: deve arrivare e superare lo sbarramento elettorale alle europee e mantenere almeno in parte le sue posizioni di potere regionale. Quindi, la difesa del governatore lucano Bardi, il generale della Finanza scelto da Berlusconi in persona, deve essere portata avanti a tutti i costi: anche su questo Tajani si gioca la sua carriera alla testa del partito azzurro.

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