Quando i religiosi benedicono le guerre

IL COMMENTO. Nell’Europa occidentale le guerre che dilaniarono la Jugoslavia negli anni ’90 furono erroneamente qualificate «di religione», quando non «etniche». Chi invece approfondì l’origine dei conflitti, avvisò di un pericolo: segnavano il risorgere dei nazionalismi europei, un capitolo tragico della nostra storia che poi infettò altre aree del continente, anche a ovest.

La Bosnia fu dilaniata dai miti revanscisti della Grande Serbia e della Grande Croazia, benedetti dalle rispettive Chiese con accenti diversi. I religiosi sostennero la causa ma la religione non fu l’origine. Il Sinodo riunito sotto la presidenza del Patriarca ortodosso di Mosca Kirill, ha approvato il decreto del XXV Concilio mondiale del popolo russo che si è svolto lo scorso novembre. Il documento, dai toni apocalittici, non ammette spazi per il negoziato né per un ripensamento sull’invasione dell’Ucraina, anzi. «Da un punto di vista spirituale e morale - è scritto nel testo - l’operazione militare speciale è una guerra santa, in cui la Russia e il suo popolo, difendendo l’unico spazio spirituale della Santa Rus’, compiono la missione di “Colui che trattiene” (o Katéchon), proteggendo il mondo dall’assalto del globalismo e dalla vittoria dell’Occidente caduto nel satanismo». Quindi, «dopo il completamento dell’operazione militare speciale, tutto il territorio dell’Ucraina contemporanea dovrà entrare in una zona di influenza esclusiva della Russia. Il significato più alto dell’esistenza del nostro Stato e del mondo russo da esso creato - la loro missione spirituale - è quello di essere il “detentore” globale, proteggendo il mondo dal male. La Russia dovrebbe ritornare alla dottrina della trinità del popolo russo, che esiste da più di tre secoli, secondo la quale il nostro popolo è composto da Grandi russi, Piccoli russi (gli ucraini) e Bielorussi, che sono rami (sottoetnie) di un unico popolo (quello russo) e il concetto di “russo” copre tutti gli slavi orientali, i discendenti della Rus’ storica». La Rus’ è un’entità del Medio Evo che riuniva parte dell’attuale Russia, di Ucraina e di Bielorussia, origine dell’idea di impero contemporanea. Il Cremlino riporta la storia indietro di secoli.

Secondo il nunzio apostolico a Kiev, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, «il documento testimonia che siamo di fronte a una guerra ideologica, pertanto ancora più complessa da arginare». Se c’è un disegno «santo», attribuito arbitrariamente a un progetto dall’«Alto», come è possibile metterlo in discussione? Il 7 ottobre, dopo i massacri di Hamas nei kibbutz e al Nova festival, il Grande imam Ahmed al Tayyeb dell’Università al Azhar del Cairo, il centro più prestigioso di elaborazione del pensiero dell’Islam sunnita, che ad Abu Dhabi aveva firmato con Papa Francesco il documento sulla fratellanza umana , non condannò la carneficina e invitò il mondo arabo a «riunirsi contro l’usurpatore israeliano».

Il rabbino Yishai Tzur ha detto che la guerra di Gaza «è la lotta del bene contro il male», mentre altri dottori della legge ebraica giustificano l’inarrestabile colonizzazione della Cisgiordania che allontana la prospettiva della pace fondata sui due Stati, israeliano e palestinese. Queste prese di posizione evidenziano un problema noto: la mancata separazione fra Stato e poteri religiosi, che il cattolicesimo ha risolto, l’uso ideologico e non storicizzato dei testi sacri e l’assenza di un’autorità. In un’intervista al nostro giornale, rilasciata nel dicembre scorso, il Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, a proposito del nuovo conflitto nel Vicino Oriente, ha detto che «non c’è alcun dubbio che non c’è stata da parte dei religiosi una condanna chiara ed esplicita della violenza. Le religioni hanno una funzione molto importante nella formazione delle coscienze e del pensiero, soprattutto nelle frange più estreme. Per cui il dialogo interreligioso, la coscienza della necessità di rispettare la dignità umana nelle diverse forme e nei diversi linguaggi di ciascuna religione, è oltremodo necessario». Perché quando i religiosi benedicono i conflitti con obiettivi messianici, la via d’uscita diventa impervia.

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