Risposta mediatica, le divisioni restano

Il commento. La decisione di Giorgia Meloni di riunire il Consiglio dei ministri a Cutro per discutere di immigrati è un colpo mediatico molto efficace. Ma nello stesso tempo è un modo per mettere sotto tono le divergenze di indirizzo che, in materia, continuano a registrarsi nella coalizione di maggioranza.

Portare l’intero governo in Calabria, a poca distanza dalla spiaggia dove sono affogati decine di profughi afghani, significa dimostrare all’opinione pubblica interna e internazionale che il centrodestra non è per nulla indifferente alla tragedia di quelle povere persone che fuggono da una realtà orribile per cercare di costruirsi un futuro diverso da quello che gli ha riservato la sorte. Le parole di Piantedosi all’indomani della tragedia – che persino il ministro Urso (FdI) definisce «poco felici» – hanno inferto un danno di immagine cui la premier intende porre rimedio immediatamente. E così quello che si sarebbe potuto attendere da un governo di sinistra arriva invece da un governo di destra-centro: il governo sul luogo della tragedia. E non sarà un caso che Giorgia Meloni abbia voluto scrivere un tweet nel quale aderiva totalmente alle posizioni del Papa sulla tragedia dei migranti

Il secondo atto di questa strategia comunicativa consiste nello smentire qualunque ipotesi di dimissioni del ministro dell’Interno Piantedosi di cui si era ipotizzata una convocazione a Palazzo Chigi che avrebbe potuto suonare come una resa dei conti. Niente di tutto questo: Piantedosi, almeno per il momento, resta al suo posto per riferire al Senato e alla Camera la versione del governo su quanto è accaduto. Tutto bene, dunque?

In realtà, a ben guardare, le divisioni all’interno del governo restano e non tarderanno a riemergere. La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha all’ordine del giorno la discussione su una proposta di legge leghista che ripristina tutti in vincoli e le restrizioni per l’accoglienza degli immigrati che erano contenuti nel decreto Salvini del governo Conte 1 che, con la discreta regia dell’ufficio legislativo del Quirinale, ai tempi del Conte 2 (con maggioranza aperta alla sinistra) furono piano piano smontati. Adesso la Lega prova a rimetterli sul banco proprio mentre Meloni sceglie una linea assai più morbida e meno d’attacco, lontana anni luce da quando la leader di Fratelli d’Italia, all’epoca partito di opposizione, chiedeva addirittura il blocco navale per fermare gli sbarchi.

Certo, la linea resta sempre quella di impedire le partenze e di chiedere una maggiore partecipazione dell’Europa a sostegno di un Paese come l’Italia che è il primo approdo per decine di migliaia di disperati, tuttavia come poi viene declinata questa strategia trova posizioni tra loro divergenti: tradizionalmente rigide quelle dei leghisti ora pronti alla sfida politica verso i partner. Ieri il capo della delegazione degli azzurri al governo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, annunciava provvedimenti per accogliere un maggior numero di migranti regolari per venire incontro alle crescenti richieste delle aziende, soprattutto del Nord, e dei cantieri del Pnrr che sono addirittura messi a rischio dalla carenza di personale: basta questo per capire che aria tira tra alleati.

In tutto ciò torna a farsi sentire la voce di Sergio Mattarella che ieri ha chiesto provvedimenti concreti che seguano il dolore e il cordoglio per tante vite spezzate da un destino atroce. Mattarella chiede più solidarietà e capacità di accoglienza per chi soffre ma si tratta di vedere se c’è sufficiente consenso politico per far scaturire provvedimenti coerenti con una tale, impegnativa premessa.

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