Se il governo si gioca gli alleati europei

Tra Italia e Francia non si ricordava una crisi diplomatica così brutta da quando Gigi di Maio andò a Parigi ad abbracciare i gilet gialli che bruciavano in piazza le foto di Macron. All’epoca l’Eliseo ritirò l’ambasciatore, adesso potrebbe andare anche peggio. Decisamente qualcosa non ha funzionato sulla questione dei 200 migranti della Ocean Viking che oggi sbarcano a Tolone.

Sembrava un piccolo capolavoro di Giorgia Meloni che era riuscita a convincere i francesi ad accogliere quei poveretti con un breve colloquio con Macron a margine della Conferenza sul clima. E invece proprio subito dopo quell’accordo, i francesi si sono infuriati: prima una nota ufficiosa («Ci aspettavamo qualcosa di diverso dal governo italiano») poi un’autentica bomba lanciata contro Palazzo Chigi: la Francia esce dall’accordo volontario di tredici Paesi europei per il ricollocamento dei migranti che arrivano in Italia. Doveva prenderne 3.500, adesso non se ne fa più niente. Non solo: Macron chiede ai tedeschi e agli altri di sganciarsi anche loro: «Così, cari italiani, vi farete del male da soli» è stato l’altezzoso avvertimento giunto dalle rive della Senna. Ecco, ma cosa è successo per scatenare questo trambusto e questa incredibile crisi tra due Paesi che solo qualche tempo fa tra fanfare e bandiere hanno addirittura siglato il «Trattato del Quirinale» di mutua cooperazione? Ci possono essere due spiegazioni. Una italiana e una francese.

Quella italiana dice così: quando Palazzo Chigi ha suonato le trombe della vittoria per aver convinto-costretto i francesi a prendersi i migranti che il ministro Piantedosi voleva tenere al largo, a Parigi si sono assai inquietati. Dare risalto ad un’azione del genere, infatti, espone Macron (e questa è la spiegazione francese) alle bordate critiche della destra di Marine Le Pen e di Eric Zemmour i quali già fanno comizi per condannare il lassismo del presidente. Non a caso l’accoglienza a Tolone della Ocean Viking è stata subito definita «del tutto eccezionale» dal governo parigino. Ma non è bastato: più a Roma la destra italiana faceva festa, più a Parigi si arrabbiavano, avrebbero voluto più discrezione, così è sembrato a tutti che abbiano chinato la testa, perso il braccio di ferro con gli italiani che così possono proclamare ai loro elettori: avete visto? Se si tiene duro, si vince.

Adesso la frittata è fatta, si spera come sempre in Mattarella perché aiuti il governo e ci metta una parola buona. Tantopiù che siamo in fase di ridiscussione del Patto di stabilità, e noi abbiamo bisogno di amici ed alleati per discutere a Bruxelles con i tedeschi e i loro amici «frugali», olandesi, finlandesi, austriaci ecc. Invece adesso con la Francia il rapporto è ai minimi storici, e anzi Macron ha fatto intendere che ci saranno altre forme di ritorsione. Appunto, sul Patto di stabilità stanno pensando di lasciarci soli con il nostro debito.

A Roma però neanche ci pensano a ricucire. Anzi. Salvini va all’attacco («Ecco la solidarietà europea…», tuitta) e il ministro Piantedosi rilascia una puntuta dichiarazione in cui si dice che del «patto volontario di ricollocamento», finora sono stati effettivamente accolti dai paesi europei solo 117 migranti arrivati in Italia sugli 8mila concordati (meno di un decimo di quelli sbarcati sulle nostre coste, 90mila), e che di quei 117 solo 38 sono andati in Francia. Altro che 3.500. Che Parigi e i Paesi del nord abbiano una doppia condotta sul tema migrazione è noto - basta andare a vedere cosa fa la Gendarmerie al confine di Ventimiglia - però andarglielo a dire in faccia in questo momento non è certo il modo migliore per calmare le acque, cosa che ci converrebbe per molte altre ragioni.

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