Stragi del sabato
battaglia da vincere
sui banchi di scuola

Di stragi del sabato sera avevamo cominciato a parlare alla fine degli anni Ottanta, quando la stampa, dopo aver messo in fila la serie di incidenti stradali mortali che si verificava ogni weekend, aveva concluso che quello delle morti dei giovani il sabato sera era una vera e propria calamità. Uno stillicidio settimanale che aveva diverse concause: l’alcol, le droghe, l’insofferenza al codice stradale di molti giovani, i decibel a tutto volume, la voglia di trasgressione sulle strade. Grazie all’operato delle forze dell’ordine e dei corpi di polizia locale, unite a veri e propri piani di emergenza degli enti locali, al piano di riduzioni delle morti in strada dell’Unione europea e a una legislazione inasprita fino ad introdurre l’omicidio stradale, il fenomeno sembrava essere debellato.

All’uscita dei locali e delle discoteche i posti di blocco con l’etilometro si sono moltiplicati, la «tolleranza zero» sulle strade sembrava aver prodotto i suoi frutti. Ma dopo anni, anzi dopo decenni, il fenomeno sembra essere riemerso. La scia di sangue prosegue. Nell’ultimo weekend quattro giovani sono morti sulla statale Paternò-Catania, finiti contro un guardrail (tutti e quattro non avevano allacciato la cintura di sicurezza).

La scorsa settimana, i morti sono stati ben 28 in tutta Italia. Ma la notte del sabato sera più tragica del 2019 è stata quella del 13 luglio. Quel giorno furono ben dodici i ragazzi che persero la vita. Lo scrittore Ferdinando Camon è arrivato a scrivere che ormai l’unica speranza per porre fine a queste tragedie giovanili (gli incidenti stradali sono la seconda causa di morte per i giovani dopo il suicidio) è l’avvento della guida automatica.

Nel frattempo dobbiamo rassegnarci a vedere altre lenzuola sulle strade? Tutt’altro: il fenomeno si può combattere e addirittura vincere, purché non ci si fermi alle leggi. Secondo le statistiche elaborate dall’Automobile Club Italia e dall’Istat, nel 2018 in Italia sono morte una media di 9 persone al giorno a bordo di auto e moto. In tutto 172.553 incidenti in un anno che hanno causato 3.334 decessi e 242.919 feriti.

In questa triste classifica la «maglia nera» spetta a Genova, seguita da Bari, Brescia e Messina. L’indice di mortalità più basso spetta invece a Milano, Monza, Rimini e Ascoli Piceno che nel corso dell’anno registrano un tasso inferiore a un morto ogni 100 incidenti.

L’inversione di tendenza delle vittime sulla strada è dovuto all’uso pericolosissimo del cellulare durante la guida. Ma tutto questo non basta a comprendere il riemergere del fenomeno. Forse c’è qualcosa che tocca la trasgressione insita nell’anima dell’età giovanile. Per molti dei nostri giovani, ci ha spiegato don Antonio Mazzi, il sabato sera, o i momenti in cui vanno a divertirsi in macchina, il divertimento comincia già dentro la macchina stessa.

Non è tanto una questione di alcol e droga. La velocità «fast and furious» ha un’attrazione mortale nei nostri ragazzi. Per questo è importante abbinare a leggi e controlli anche l’educazione fin dai banchi di scuola. È una battaglia che dobbiamo vincere, per le vittime che già ci sono state e per i nostri ragazzi, perché non si debba vivere ogni weekend con un peso sul cuore.

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