Caro energia, il Paese
ostaggio della crisi

Nella produzione di energia elettrica l’Italia ha il mix più rispettoso dell’ambiente: il 18% è composto di rinnovabili, solare, eolico e idroelettrico. Il petrolio e il carbone, invece, fanno ancora il 40%. Ci salva il 42% del gas che è certamente produttore di Co2 ma ha il merito di esserlo meno degli altri se non altro perché non produce particolato. L’Italia quindi ha il 60% della sua produzione a un relativo basso impatto ambientale. La Germania che ambisce sempre a essere la prima della classe per di più con un governo a chiara vocazione ambientalista ha il 50% della propria energia elettrica prodotto da carbone e poi a seguire dal petrolio. Fattori tra i più fortemente inquinanti. E tuttavia la bolletta della luce in Italia è la più cara d’Europa: 260 euro per megawattora contro i 230 dei tedeschi. La quota del gas penalizza. La rinuncia al nucleare sancita dal referendum del 1987 ha segnato una pietra miliare sulla strada della preservazione dell’ambiente dalle scorie nucleari.

La Germania ci è arrivata dopo il disastro di Fukushima del 2011. Ma ha avuto un costo. L’Italia da allora ha dovuto supplire alla mancanza del nucleare con il gas e quindi si è esposta alla dipendenza altrui. La ripresa economica dopo un anno di fermo produttivo ha portato a un balzo della luce all’ingrosso nel 2021 di più del 500% e del gas del 400%. Risultato: nel primo trimestre del 2022 le famiglie italiane hanno dovuto sopportare un carico del 131% in più per la luce e del 94% del gas. Il ricatto di Vladimir Putin sulle forniture di gas ha fatto il resto. Questo spiega perché i miliardi di euro del governo a sostegno dei due milioni di famiglie povere e dei milioni di piccole imprese sia, se pur di poco, inferiore solo alla Francia in Europa.

Il presidente Macron ha le elezioni nel 2022 e deve prevenire il malcontento degli elettori ma per l’Italia è un problema strutturale. In questo decennio la mancata ripresa della produttività del sistema Paese ha penalizzato l’Italia e ha ridotto molte, troppe famiglie in semi-povertà. Lo stesso dicasi per i milioni di piccole imprese che per dimensione non riescono a ridurre le spese in scala e sono esposte agli sbalzi dell’andamento economico. Per molte di esse gli aumenti dell’energia significano la chiusura degli impianti. L’evasione fiscale cosiddetta «di sopravvivenza» non funziona con la bolletta.

È un costo fisso ineludibile al punto che anche il canone Rai per evitare i continui mancati pagamenti è confluito nelle spese della luce elettrica. Resta il fatto che il carico di accise e oneri si ripercuote sui prezzi di beni di consumo considerati ineludibili, quali anche la benzina e i combustibili. Questo accade in Italia perché lo Stato deve sopportare le varie forme di assistenza sociale, dal reddito di cittadinanza, ai prepensionamenti, alle ristrutturazioni delle imprese di Stato, Alitalia per esempio, alle varie forme assistenziali, per un importo di 144 miliardi nel 2020. Un carico che pesa. Poiché l’esazione fiscale in Italia è storicamente un problema ecco allora che ci si rivolge a forme indirette di prelievo dove appunto il contribuente non può sottrarsi. Questo spiega l’eccezione Italia e rende evidente come solo una cultura della crescita fondata sulla competitività può salvare il Paese dal circolo vizioso dell’assistenzialismo. Putin e la crisi energetica rendono il caro-bolletta insostenibile ma il vero problema è che gli Stati vicini lo sopportano meglio. La mancanza di un approccio di economia imprenditoriale che faccia della parte produttiva un modello di sviluppo egemone nel Paese rende tutti ostaggi di questa crisi e anche della prossima. È dovere della classe dirigente indicare la via. Altrimenti in un’Italia indebitata saranno altri ad imporla.

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