Sull’Europa spaccatura tra alleati di governo

ESTERI. La decisione di Francia e Germania di bloccare gli ingressi dei migranti provenienti dall’Italia sta surriscaldando i rapporti tra il governo di Roma e il fronte europeo che peraltro già registrava forti tensioni sul tema economico e delle regole fiscali.

Le scene cui si assiste a Lampedusa, dove l’hotspot rischia di essere travolto da un numero eccezionale di sbarchi, contribuiscono ad aumentare le polemiche. Cui tuttavia Giorgia Meloni sembra per il momento non volersi abbandonare: le dichiarazioni rese ieri sera in televisione sono risultate ancora molto diplomatiche sia con gli alleati che con l’Europa. Del resto, come registriamo da tempo, i fronti aperti dal governo sono troppi per voler incarognire la discussione. Meloni, rispondendo alle domande di Bruno Vespa, si è limitata a dire che il vero problema è fermare gli sbarchi in Italia e quindi il traffico di esseri umani, non il movimento secondario di quanti, una volta arrivati sul nostro territorio, lo considerano un passaggio, un transito verso i Paesi del Nord, a cominciare dalla Germania. Anche a Berlino pesano valutazioni elettorali nel considerare che la situazione potrebbe andare fuori controllo se si continuasse con i meccanismi di solidarietà che pure erano stati siglati dal nostro e dal loro governo. «Fuori controllo» sono le parole che si ascoltano a Lampedusa.

Chi ha deciso di non girare intorno alla questione con dichiarazioni troppo morbide o diplomatiche è stato Salvini il quale alla stampa estera ha detto di considerare un «atto di guerra» quello di chi indirizza verso le nostre coste un numero sempre crescente di migranti. L’ex ministro dell’Interno evoca una «regia criminale, un vero e proprio sistema che ha messo l’Italia nel mirino» e dice di aver sollecitato i nostri servizi di informazione a raccogliere le prove di questa congiura cui bisogna rispondere, a suo giudizio, con ogni mezzo: porterà la questione al Consiglio dei ministri, il leader leghista, che certo con queste affermazioni sta riprendendosi la scena su un tema che gli ha sempre fruttato molto in termini elettorali, e poco importa se gli costa dei giudizi molto negativi proprio in Europa e soprattutto una frattura con FdI. Del resto su questo campo, in vista delle elezioni europee, la polemica è destinata a crescere anche tra alleati: Salvini non rinnega il suo legame con la Le Pen e l’AfD che viceversa Meloni ignora e Tajani respinge con durezza. Se la presidente del Consiglio sogna un’alleanza tra i suoi Conservatori e il Ppe che possa portare ad un governo europeo di centrodestra (ipotesi che ad oggi i sondaggi non confortano), Salvini respinge qualunque ipotesi di accordo con una nuova maggioranza «Ursula», composta cioè da Ppe, Pse e liberali. Formula che invece potrebbe in ultima analisi coinvolgere proprio Meloni (Forza Italia già vi aderisce) se l’esito delle urne fosse avaro per la destra.

Si parla infatti di una Von der Leyen numero due con l’appoggio dell’europeo oggi più autorevole, Mario Draghi, che ha accettato di collaborare con l’attuale presidente della Commissione in vista - ma senza dirlo - di una sua ricandidatura. «Speriamo che Draghi abbia un occhio di riguardo per l’Italia» è stato il commento di Giorgia Meloni pronunciato proprio mentre rinfocolava la sua critica al commissario italiano Paolo Gentiloni, accusato di essere più critico che collaborativo con il governo di Roma. Gentiloni ha già specificato più volte che non intende ingaggiare un duello con la presidente del Consiglio, ma proprio lui sarà uno dei protagonisti della chiusura o meno dell’accordo sul nuovo Patto di stabilità, quello che Roma vorrebbe più favorevole all’Italia e al nostro debito pubblico. Anche per questa ragione l‘inquilina di Palazzo Chigi non può spingersi molto in avanti nel polemizzare con tedeschi e francesi anche quando ci chiudono le frontiere in faccia.

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