Superbomba sull’Ucraina e la Nato si allarga

Esteri. Mario Draghi possibile guida dell’Alleanza atlantica dal prossimo autunno; colloqui e dibattiti per l’allargamento al Baltico settentrionale della stessa organizzazione; feroci combattimenti in Donbass, dove la cittadina di Bakhmut è stata quasi completamente circondata dai russi e starebbe per cadere nelle mani di Mosca, che, nel frattempo, utilizza l’Ucraina per testare nuove armi.

Quella che si apre oggi è una settimana importante, densa di appuntamenti ed eventi. Sono sempre più forti le voci di corridoio sulla candidatura di Mario Draghi alla successione del norvegese Jens Stoltenberg, che ha già svolto tre mandati e non è disponibile a proseguire. L’11-12 luglio, a Vilnius al summit dei capi di Stato e di governo della Nato, avverrà l’elezione del prossimo segretario, ma i giochi si stanno facendo già adesso con contatti tra gli alleati. L’americano Biden avrebbe dato il suo assenso alla nomina. Visto quanto sta avvenendo nel Vecchio continente, serve un peso massimo della politica internazionale, in grado soprattutto di convincere gli europei a investire il 2% del proprio Pil in spese per la difesa, come da accordi siglati da anni e mai applicati appieno.

Ma non solo. Con gli Stati Uniti concentrati sull’area dell’Indo-Pacifico serve una personalità di alto profilo che riesca a far comprendere agli alleati europei che, in futuro, dovranno essere loro in prima persona a provvedere alla sicurezza senza aspettare lo zio Sam, come successo finora e prima ancora durante la Guerra Fredda. Mario Draghi ha tutte le caratteristiche per un incarico di tale portata, diremmo storico.

Anche perché l’Alleanza atlantica si sta ulteriormente allargando tra non poche difficoltà politico-diplomatiche. La settimana scorsa il Parlamento finlandese ha votato «sì» all’adesione alla Nato. Al momento si attende il via libera dell’Ungheria e della Turchia, gli ultimi alleati a non essersi ancora pronunciati in merito. Tra oggi e mercoledì Budapest dovrebbe dare l’assenso all’ingresso sia della Finlandia sia della Svezia. Ankara ha, invece, forti perplessità su Stoccolma, che, in passato, ha offerto ospitalità a capi dei movimenti di liberazione curdi e, di recente, nel corso di una manifestazione è stato pure bruciato un Corano. Giovedì prossimo rappresentanti turchi e svedesi si incontreranno per fare il punto della situazione. Erdogan sembra non disponibile a cedere ora, dopo che il terremoto ha minato in patria la sua popolarità, a soli due mesi dalle presidenziali. Il suo elettorato nazionalista non capirebbe. La Svezia rischia così di fare anticamera.

In Ucraina, intanto, si continua a morire, in particolare nel caposaldo di Bakhmut. Unità speciali russe sono entrate, dopo mesi di feroci combattimenti, nella cittadina e si lotta strada per strada. Quasi contemporaneamente sono accorsi al fronte sia il ministro della Difesa federale Shojgu sia il capo della compagnia privata Wagner Prigozhin. A gennaio i militari federali e la Wagner avevano discusso su chi avesse avuto i principali meriti nell’occupare Soledar. Successivamente Prigozhin si era lamentato pubblicamente di non ricevere sufficienti munizioni per continuare l’avanzata. Se cadesse Bakhmut cambierà l’esito delle operazioni militari? Gli esperti dicono di no. Dietro al caposaldo vi sono ancora due linee di difesa ucraina prima della piana, dove sorgono le città di Kramatorsk e Slavjansk.

Proprio perché per le autorità federali è fondamentale l’immagine - in chiave interna - si è avuta notizia che è stata lanciata la «superbomba». L’Ucraina si sta trasformando in uno poligono.

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