Una Grande Bergamo che attende le sue regole

ITALIA. Nell’attesa della «Grande Bergamo», Bergamo torna ad essere più grande. L’analisi dei dati Istat conferma quanto già evidente da anni, il capoluogo ha ripreso a crescere (oltre 3.000 abitanti in un decennio, ora sono stabilmente sopra quota 120mila), la cosa semmai nuova è la frenata dell’hinterland che complessivamente aumenta sì i suoi abitanti ma in modo quasi residuale e con un dato di crescita percentuale inferiore anche a quello della provincia.

Nel decennio precedente tutto quel complesso di Comuni che fa da corona al capoluogo aveva invece registrato una crescita vertiginosa: 20mila abitanti dal 2001 al 2011, mentre ora il dato è sceso (precipitato) a 883 dal 2015 all’ inizio di quest’anno. Nota bene, in tutto questo arco di tempo, quasi un quarto di secolo, dal punto di vista amministrativo nulla è cambiato: Bergamo ha recuperato e pure consolidato il suo naturale ruolo-guida, tutto intorno i Comuni confinanti si sono comunque sviluppati (chi più, chi meno, chi tanto...) ma senza alcun tipo di coordinamento. Territoriale e non solo.

Quadro legislativo poco favorevole

Il tema della «Grande Bergamo» è un po’ come un fiume carsico, appare e scompare. In realtà, al di là delle dichiarazioni di prammatica, nessuno pare averci creduto davvero, complice anche un quadro legislativo decisamente poco favorevole al coordinamento tra amministrazioni contermini. Nell’Italia dei campanili è praticamente impossibile mettere insieme realtà anche minuscole, figuriamoci rinunciare a pezzetti di sovranità e gestione amministrativa in nome di un disegno più ampio o semplicemente di un coordinamento che appare però sempre più necessario.

La mobilità

Numeri alla mano, il territorio bergamasco ha da sempre avuto un capoluogo piccolo rispetto alla provincia, poco meno di un decimo di abitanti. Per contro, come è naturale che sia, ospita una serie di funzioni che vanno ben al di là di quelle offerte per i suoi soli cittadini, senza dimenticare che ogni giorno è letteralmente preso d’assalto da migliaia di persone che ci vengono a lavorare. Molti provengono proprio dall’hinterland e anche per questo motivo una visione d’insieme è quantomeno necessaria, anche se il tema sembra sparito dalle agende dei partiti, forse perché in assenza di adeguati strumenti normativi una semplice adesione su base volontaria di questo o quel Comune appare difficile.

I costi delle abitazioni

Sullo sfondo fenomeni abbastanza prevedibili, come l’inevitabile aumento del costo delle abitazioni nella cintura con conseguente e necessario spostamento dei flussi migratori sempre più verso l’esterno. Sempre più a Sud per essere precisi, lì dove gli insediamenti logistici stanno attirando manodopera e quindi residenti. Che poi a questi incrementi corrispondano in parallelo investimenti sulla spesa sociale o visioni più articolate del fenomeno è un’altra questione lì sul tavolo.

Le trasformazioni della città

In questo scenario Bergamo, per quanto in crescita come numero di abitanti e al centro d’importanti processi di trasformazione urbana e di mobilità (dalla nuova stazione ai vari interventi sul ferro, aspettando un quadro più chiaro e rassicurante su Porta Sud), da un lato rafforza la sua posizione, dall’altro vede ancora più necessarie azioni di coordinamento capaci di andare al di là della sua (ri)stretta cerchia municipale. Nell’attesa di strumenti legislativi che non si vedono però all’orizzonte (e sui quali non scommetteremmo...) la sola strada praticabile appare quella del confronto su ampia scala, per esempio sul modello dell’Assemblea dei sindaci che sta dando ottimi risultati sul piano sociosanitario e che potrebbe diventare utile per altri temi territoriali su scala macro. Delle regole, insomma, anche autodeterminate se necessario. Il territorio non sta fermo, le dinamiche che lo interessano sono molteplici e soprattutto mutevoli, pensare di ottenere risultati nuovi con strumenti vecchi è semplicemente illusorio. E alla fine potrebbe anche riservare brutte sorprese.

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