Voto, il ritorno dei militanti

Politica. C’è un convitato di cui poco si è parlato dopo le elezioni di questi ultimi mesi, eppure è stato un vero protagonista. Ci riferiamo al militante di partito, il tesserato, figura un tempo fondamentale, oggi marginale e persino poco stimata.

In questi mesi, il militante ha vinto due volte: alle regionali e alle primarie degli iscritti al Pd, ma poi ha perso la battaglia decisiva, quella delle primarie aperte, che hanno dato un esito che non solo ha spiazzato i sondaggisti, ma ha creato un «unicum» mondiale per gli studiosi: un partito che fa le proprie scelte democratiche, ma poi la domenica dopo viene sconfessato nelle elezioni vere del proprio leader. Dicevamo dei sondaggisti. Per la prima volta da molti anni sono stati smentiti, ma avevano interrogato una platea che non corrispondeva a quella effettiva, causa assenza alle urne fino a più del 60% degli aventi diritto. Impossibile il gioco algebrico che di solito conferma più o meno il modello su scala più piccola. Paradossalmente, servirebbero due sondaggi paralleli con esiti diversi, che però sarebbero entrambi veri. È cosi che, alle regionali, partiti dati per sconfitti, umiliati da previsioni catastrofiche - Pd, Lega, Forza Italia - se la sono cavata, e il mancato tonfo è diventato un successo. È scattato il patriottismo dei militanti, che sono andati a votare con rabbia. Anzi, i militanti hanno «firmato» le loro schede, con una pioggia di preferenze mai vista. Nel caso di Bergamo di quei tre partiti, troviamo consiglieri eletti con numeri record: Casati su tutti, superando le soglie del passato, quando i voti di partito erano molti di più, ma anche Lobati e Malanchini e altri. Candidati premiati da chi li conosceva bene, e voleva segnalarli a chi considera inutile la preferenza perché tutti sarebbero uguali. Un segnale di fiducia nella politica, dopo l’ubriacatura dell’uno vale uno e delle liste bloccate.

È stato comunque un dato democraticamente significativo. Ma se applichi l’iperdemocrazia ti arriva la sorpresa - non credete a chi dice che lo aveva previsto - e cioè la subitanea cancellazione ex post del segretario voluto dagli iscritti. Cosa legittima, perché prevista fin dai tempi di una forsennata ricerca del nuovo, che ha premiato negli anni outsider e underdog: da Segni a Di Pietro a Renzi a Grillo, e ora Meloni e Schlein. L’occasione d’oro era proprio questa, della prima competizione totalmente aperta, e il nuovismo, connotato di questa epoca insoddisfatta, ha avuto il suo trionfo. Qui, i militanti non potevano resistere all’onda. Con un milione di votanti una minoranza di appassionati, di patrioti di partito, non resiste.

Cosa l’abbia determinata davvero è ora oggetto di approfondimento. I maligni dicono che non bisogna farsi ingannare dall’apparenza, e che in realtà anche in questo caso abbia funzionato la militanza, magari non quella degli iscritti, ma quella degli interessi di riferimento, visto che tutto l’establishment di potere era schierato con la candidatura di rottura e quella prevista come più forte non aveva portato ai gazebo gli elettori, convinti che avrebbe vinto lo stesso.

Altri fanno arditi calcoli sul ruolo degli esterni, in particolare dei 5 Stelle, ma dubitiamo, perché bisognerebbe attribuire ad un movimento forte solo quando protesta, una sottile e diffusa capacità politica mai dimostrata. Sta di fatto che un istituto ha misurato nel 22% il ruolo di questi incursori e un altro solo nel 5%. Resta un problema, cioè la fine che sarà riservata a chi alle regionali, ma in fondo anche il 25 settembre, ha reclamato uno spazio alla politica dell’appartenenza anziché alle emozioni del momento.

Il militante è uscito stordito dalla prova primarie, che riguarda un partito solo, ma interpella tutti gli altri. Chi glielo fa fare - ora - di prendere in futuro una tessera, chiamare congresso una coda ai gazebi, senza un vero confronto programmatico, se poi arriva una regola nuova ma strana che ti porta via la creatura cui hai dedicato tempo, energie, soldi e faccia? La democrazia è una strada in salita, ma farsi del male da soli può essere frustrante.

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