(Foto di ansa)
MONDO. Lo scoppio dell’ultimo clamoroso caso di tangenti, denunciato dall’Ufficio Anti Corruzione ucraino, che ha costretto il ministro della Giustizia Galushcenko a dimettersi e spinto Tymur Mindich – uno dei collaboratori storicamente più vicini al presidente Zelensky – a fuggire precipitosamente dal Paese, ha reso palese una realtà che molti leader e analisti in Europa e negli Usa conoscevano bene da tempo.
Nulla di nuovo forse, ma questa volta le dimensioni politiche della vicenda e la situazione molto precaria sul piano militare nel conflitto con la Russia hanno avuto un forte impatto anche sulle opinioni pubbliche in Europa. Tutto ciò ha costretto le Cancellerie europee a precipitarsi ad esprimere ufficialmente il proprio sostegno all’Ucraina e, con questo, a puntellare ancora una volta Zelensky. Il presidente francese, Macron, ha addirittura firmato una «Lettera di Intenti» che impegna gli ucraini a comprare 100 aerei da combattimento «Rafale» in 10 anni, oltre ad acquistare radar e armi francesi. Tuttavia non è chiaro come verranno finanziate le forniture.
Qualcuno dovrebbe ricordare ai nostri leader che in ugual modo, tra agosto e dicembre 1991, in Europa si cercava in ogni maniera di sostenere Gorbaciov, senza rendersi conto che le sue basi di potere erano minate irrimediabilmente
Quella delle leadership europee appare come una scelta scontata e inevitabile. Del resto come far mancare il supporto proprio nel momento in cui il sistema ucraino scricchiola pericolosamente? La Storia però non fa sconti. Qualcuno dovrebbe ricordare ai nostri leader che in ugual modo, tra agosto e dicembre 1991, in Europa si cercava in ogni maniera di sostenere Gorbaciov, senza rendersi conto che le sue basi di potere erano minate irrimediabilmente. Così come nell’Unione Sovietica di allora, i pilastri della resistenza ucraina all’aggressione russa mostrano segnali di debolezza preoccupanti. Il reclutamento di uomini avviene con crescenti difficoltà, approfondite dalla decisione del governo di consentire a ragazzi tra i 18 e i 22 anni di poter espatriare.
Gli incessanti bombardamenti russi su infrastrutture energetiche (centrali, reti di distribuzione, gasdotti) espongono una fetta di popolazione sempre più grande ai rigori dell’inverno, proprio quando si è saputo che importanti risorse finanziarie destinate a riparare gli impianti danneggiati, finivano nelle tasche di politici, funzionari o oligarchi corrotti. Al fronte le nebbie autunnali che chiudono «gli occhi» ai droni favoriscono i blitz delle truppe scelte russe che penetrano più in profondità nel territorio nemico. In buona sostanza il problema demografico, lo svantaggio militare in termini di artiglieria e munizioni, oltre a una fragilità economica e finanziaria e al malcontento interno, rendono la situazione per Kiev sempre più critica.
Sull’altra sponda dell’Atlantico il silenzio degli ultimi giorni è «assordante» nell’Amministrazione Usa, mentre al Congresso si chiedono con più forza garanzie di trasparenza nell’uso dei fondi americani e riforme anticorruzione per continuare a fornire aiuti finanziari. Il tempo in qualche modo sembra dar ragione a Putin che non può vantare per ora successi decisivi sul terreno, ma con nuove conquiste di città e villaggi nel Donbass e gli scandali a Kiev vede forse più vicino il «redde rationem», cioè la resa dei conti finale. Urge una nuova iniziativa che dovrebbe partire proprio dall’Europa. In assenza di una «presa di coscienza» politica europea per avanzare una proposta, è emerso che Trump ha rilanciato il ruolo degli Usa con un nuovo Piano di Pace in 28 punti ancora in elaborazione. E ancora una volta è il prodotto di un’esclusiva concertazione russo-americana . Le concessioni richieste a Zelenski toccherebbero prioritariamente la regione del Donbass da consegnare a Mosca e la riduzione delle forze armate ucraine in cambio di imprecisate garanzie che dovrebbero coinvolgere americani e europei. Il dato politico che emerge da un tentativo di mediazione in divenire, e ancora non riconosciuto ufficialmente da Mosca , conferma peraltro l’estraniazione dell’Europa e dello stesso Zelenski, che nelle loro dichiarazioni di queste ore , suonano al momento impotenti nel reclamare un ruolo nel negoziato .
Per trovare una soluzione diplomatica al conflitto serve qualcosa di più incisivo che non l’utilizzo diretto o indiretto degli asset russi congelati dopo l’inizio dell’invasione russa. Forse è il momento di chiedere al presidente ucraino – di concerto con Washington – di indire nuove elezioni presidenziali, sondando la disponibilità russa a interrompere le operazione militari per il tempo necessario per il voto. A ben vedere il Cremlino ha sempre considerato Zelensky un interlocutore inaffidabile e potrebbe aderire ad una proposta del genere. Tale sviluppo presenterebbe certamente problematiche logistiche e pratiche, ma non appaiono insormontabili soprattutto se Trump esercitasse le necessarie pressioni su Mosca. È urgente chiedersi se sia nell’interesse europeo continuare in un sostanziale immobilismo diplomatico (e in un’emorragia finanziaria e militare), nella speranza che Kiev riesca in una sempre più improbabile controffensiva. In ultima analisi: non si può sacrificare un popolo sull’altare dei valori se non si combatte insieme.riesci a fare qulcosa in fara e a san vigilio
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