Di notte niente ambulanze: il papà porta la figlia in carrozzina sotto il diluvio

La disavventura Tredici telefonate senza esito. Così il padre, sotto il diluvio e a piedi, ha riportato a casa la figlia tetraplegica medicata al Pronto Soccorso.

Ennesimo caso di disservizio, si potrebbe dire, ma forse anche di mancanza di sensibilità. Perché ad aggravare la situazione, già di per sé pesante, è il fatto che la persona coinvolta è un soggetto tetraplegico, disabile al 100%. Tutto inizia sabato mattina, a Scanzorosciate, una passeggiata in compagnia, sugli sterrati campestri, con altre persone. Papà che spinge la carrozzina, ma che all’improvviso gli sfugge di mano e va a scontrarsi con una fioriera di cemento : per la figlia, che non può evitarla perché bloccata in carrozzina, arriva una storta al suo piede sinistro. Fa male ma in un primo momento sembra sopportabile. Nel pomeriggio, però, la figlia inizia ad avvertire un po’ di dolore, che diventa sempre più forte, ogni dieci secondi una forte fitta. Papà e mamma si preoccupano e chiamano l’ambulanza: via, alle 15, si parte per il Pronto Soccorso dell’ospedale di Alzano. Sono le 17, dopo un po’ di attesa, i tecnici del laboratorio fanno le lastre e alle 23, dopo una dolorosa attesa, riceve una visita e il referto: nessuna frattura, ma solo una lussazione al piede. Fasciatura e via, ancora sulla carrozzina.

Per un motivo o per un’altro, tutti sono indisponibili

Ma qui, inizia il secondo e più drammatico round di un sabato che difficilmente scorderà. Bisogna ritornare a casa: semplice, si chiama ancora un’ambulanza. È tardi, ma non si pensa che il mondo possa fermarsi alla mezzanotte: una telefonata, un’altra, un’altra ancora, fino a tredici telefonate ad altrettanti servizi di ambulanza privata, per trasporto a pagamento. Si badi bene, a pagamento. Tutti si dichiarano non disponibili: chi non ha il personale a quell’ora, dice che è tardi. Anche un servizio H24 risponde picche. Purtroppo a quell’ora erano disponibili solo mezzi per il soccorso d’urgenza pubblica, non utilizzabili a uso privato. La figlia non ce la fa più, lo stare in carrozzina, la stanchezza, il piede fasciato che comunque fa male. Che fare? La figlia chiama al telefono il papà a casa, non sa più cosa fare, è arrabbiata. Papà non ci pensa su due volte: prende la carrozzina elettrica e via verso l’ospedale di Alzano. Sì, perché c’è il problema che la figlia non piega le gambe, non riesce a salire su una normale automobile. U n «bel» viaggio, piove, fa freddo, il papà supera il ponte del Serio, arriva dopo tre quarti d’ora. Si carica la figlia sulla carrozzina, si copre con un telo e via, si ritorna a casa, alla faccia dei servizi di ambulanza privati.

Quando bisogna ritornare a casa, si chiama ancora un’ambulanza. È tardi, ma non si pensa che il mondo possa fermarsi alla mezzanotte: una telefonata, un’altra, un’altra ancora, fino a tredici telefonate ad altrettanti servizi di ambulanza privata, per trasporto a pagamento. Si badi bene, a pagamento. Tutti si dichiarano non disponibili

«Siamo andati a dormire alle tre. Non ho parole»

«Non ce la facevo più, ho chiamato mio papà a casa ed è partito con la mia sedia a rotelle, spingendola a piedi per tutta la strada - spiega la figlia -. È arrivato in ospedale tutto bagnato. Ce l’aveva fatta». Ma nel tragitto, la beffa: prima soltanto un po’ di pioggia, poi il diluvio. «Per fortuna, io avevo il mio telo e i miei genitori ombrelli e giacche - continua -. Siamo arrivati a casa alle due di mattina. E siamo andati a dormire alle tre». «Non ho parole - conclude - dico solo che è una cosa vergognosa. Grazie a Dio ho due genitori meravigliosi e insostituibili, sono la mia vita»

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