Jihad, il 17enne in manette prima che volasse a Barcellona

IL CASO. L’accusa: progettava attentati in Maresana. Il pianto con la madre Il giallo del viaggio: un tentativo di fuga? La famiglia: no, prenotato il ritorno.

Ha pianto al cospetto della madre e agli inquirenti non ha opposto l’aria da duro e puro che andava spargendo sui canali social attraverso frasi, incitamenti e propaganda per lo Stato islamico che gli sono valsi il fermo e il trasferimento in un carcere minorile con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo, addestramento, apologia e istigazione a delinquere aggravate.

Assistito dall’avvocato Gabriele Pellicioli, il diciassettenne, nato in Camerun ma cittadino italiano, che con la madre (il padre è morto nel 2020 in seguito a una malattia) vive in un paese alle porte di Bergamo, s’è rivelato diverso – almeno nell’atteggiamento tenuto negli istanti successivi al fermo (l’indagine nei suoi confronti è all’inizio e non si sa ancora dove potrebbe portare) – da come andava spacciandosi sul web: è parso un adolescente in cerca di forti emozioni, desideroso di una rivalsa contro il clima di razzismo che, a detta sua, percepiva attorno a sé, e che, solo davanti agli agenti della Digos di Bergamo e Brescia e dell’Antiterrorismo, s’è probabilmente reso conto di averla combinata grossa.

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Gli ambienti familiari lo raccontano come un ragazzo ben integrato, mai un precedente sino a venerdì scorso, un diploma in un istituto privato internazionale e una passione per la storia dell’Islam.

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L’inchiesta

Ma quanto gli è contestato è molto grave. Secondo l’accusa farebbe parte di una rete internazionale di giovani internauti sostenitori del Daesh, uno che a 15 anni ha pronunciato il giuramento di fedeltà allo Stato Islamico e al Califfo, mettendosi a disposizione per arruolare altri seguaci, fare propaganda e finanziare operazioni terroristiche, partecipando a seminari on line tenuti da predicatori radicali, archiviando video e documenti in cui erano contenute istruzioni per fabbricare ordigni esplosivi e incendiari. L’inchiesta, a cui hanno dato il contributo Intelligence e polizie di altri Paesi, ha portato a scoprire che il diciassettenne custodiva una cartina della zona della Maresana con tre croci che, secondo gli inquirenti, corrisponderebbero a tre obiettivi di possibili attentati: un traliccio dell’energia elettrica, l’elipiazzola al Pighet e una zona boschiva.

E poi c’è una serie di chat su Telegram che a prima vista sembrerebbe farneticante. Frasi in cui si parla di martirio, missili, guerra contro l’Occidente, jihad, miscredenti sconfitti in battaglia o da giustiziare, Roma e Casa Bianca (la sede del presidente Usa) da conquistare, simboli cristiani da fare a pezzi.

Sotto controllo da tempo

Il ragazzo da tempo sapeva di essere finito nel mirino della polizia. Pedinamenti e perquisizioni lo avevano messo sul chi vive. Per questo motivo gli inquirenti vogliono approfondire il motivo di un viaggio che aveva in animo di compiere con la madre. Sabato sera i due sarebbero dovuti decollare da Orio al Serio alla volta di Barcellona. Chi indaga vuole scoprire se dietro a quel volo si nasconda un tentativo di fuga (il giudice ne ha riconosciuto il pericolo). Questo perché sono state rilevate quelle che potrebbero essere interpretate come anomalie: l’acquisto di biglietti di sola andata, tra l’altro utilizzando una mail e una carta di credito non riconducibili ai due; nessuna prenotazione in strutture ricettive della città meta del viaggio, nonostante l’arrivo fosse previsto in tarda serata. Per tale motivo il giorno precedente alla partenza Digos e Antiterrorismo hanno optato per il fermo.

«Una normale vacanza»

Dalla cerchia familiare si fa invece sapere che si sarebbe trattato di una normale vacanza, che vi erano prenotazioni di alberghi nonché di altri viaggi con ritorno in Italia e che non c’era alcuna volontà di fuggire.

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