Bergamo, addio al fante Scaramucci. Combatté per la Liberazione

IL LUTTO. Aveva 101 anni. Nel 1943 fu spedito al fronte contro i tedeschi. Aretino di nascita, viveva in città da 80 anni. «Era attivo e instancabile».

Si è spento in un giorno di sole, all’età di 101 anni, lasciando il ricordo di un sorriso genuino e scherzoso, e la memoria di un tempo - quello della guerra - di cui è stato uno degli ultimi testimoni. Osvaldo Scaramucci, fante motorizzato e simbolo della Liberazione dal nazifascismo in città, se n’è andato giovedì 14 agosto. Un pezzo di storia della Resistenza a Bergamo che con la sua scomparsa se ne va. Quella Bergamo a cui era legato non solo perché all’ex Caserma Montelungo, dove arrivò ottant’anni fa, il 30 aprile 1945 con la Divisione Legnano, si concluse la sua risalita del Paese per portare pace e libertà, ma anche perché qui aveva conosciuto l’amore della sua vita e vi ha vissuto fino all’ultimo giorno.

La notizia della morte inonda di tristezza la sua casa di via Lochis a Longuelo. I figli Mario, Luigi, Annamaria, Maurizio e Giampaolo piangono il loro «babbo», come chiamavano Osvaldo, nato a Pergine Valdarno (Arezzo) nel 1924. Una vita lunghissima la sua, che il 14 agosto, intorno l’ora di pranzo, ha salutato circondato dai suoi cari dopo che negli ultimi mesi prima l’ondata di calore di giugno e poi alcune recenti cadute lo avevano messo in difficoltà. Ma non si è arreso nemmeno di fronte al letto d’ospedale, dov’era ricoverato da una settimana. Fermo Osvaldo Scaramucci non sapeva stare, come aveva dimostrato fino a 91 anni correndo sulla sua bici per l’Avis.

Ripeteva sempre: «La guerra? Per cosa? È solo un circuito di odio e di interessi. Io l’ho vissuta e non auguro a nessuno di essere chiamato ad arruolarsi. I conflitti non dovrebbero più succedere»

«Un nonno attivo e instancabile»

«È stato bene finché non è arrivato il caldo forte, di cui ha sofferto per via dell’età. Nell’ultima settimana si è aggravato, anche a causa di un paio di cadute riportate a casa e in ospedale, dove poi la prospettiva di restare fermo a letto lo ha destabilizzato. Ma se n’è andato in modo tranquillo», racconta Marco, uno dei nipoti. La tempra di soldato non l’ha mai abbandonato, anche nella vita quotidiana. «Era un nonno attivo e instancabile», aggiunge Marco, che di tutti i ricordi con il nonno ne conserva soprattutto uno. «Uno dei momenti più belli è stato quello dei suoi 100 anni, festeggiati con tutta la famiglia, anche con i parenti toscani e i fratelli venuti da Roma. Un altro ricordo che porto nel cuore è la preparazione dei crostini toscani nelle ricorrenze. Era uno dei suoi piatti forti. Il nonno era un amante della cucina e amava cucinare per la famiglia».

L’amore per la famiglia

Famiglia che per lui era preziosa. A cominciare dalla moglie Lidia, originaria di Albino, che Osvaldo incontrò a Bergamo dopo il suo ingresso nel 1945. Era una città «perfettamente in ordine», ricordava pochi mesi fa accogliendoci nella sua casa: «I primi giorni furono bellissimi, la guerra era finita», diceva. E lo era anche grazie al coraggio di uomini come lui, che nel maggio 1943, a soli 19 anni, si arruolò rispondendo alla convocazione della caserma di Arezzo. Venne spedito poi a Lecce, dove accettò la chiamata degli americani a combattere contro i tedeschi. Osvaldo, come fante motorizzato, guidava i mezzi militari a bordo dei quali i soldati liberarono la Penisola. Dalla Puglia a Montecassino, dove assistette alla distruzione dell’abbazia da parte degli americani, per poi proseguire verso Ancona con la battaglia sul fiume Musone e poi Bologna, Brescia, Milano e Bergamo. La città che lo ha accolto, e che oggi dice addio ad uno degli ultimi reduci della Seconda Guerra Mondiale. Quella guerra che, guardando ai conflitti odierni in Ucraina e in Palestina, ripudiava con il vigore che solo chi l’ha vissuta può avere. «La guerra? Per cosa? È solo un circuito di odio e di interessi. Io l’ho vissuta e non auguro a nessuno di essere chiamato ad arruolarsi. I conflitti non dovrebbero più succedere - ripeteva Osvaldo -. La guerra non sarebbe mai da fare, mai». La salma è composta alla Casa del commiato di via San Bernardino. I funerali saranno sabato 16 agosto a Longuelo alle 16,15.

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