
(Foto di Bedolis)
LA CLASSIFICA ISTAT .Nel dossier sull’«ambiente urbano», il capoluogo è al primo posto per la rete di mobilità dolce. Situazione critica (anche se in miglioramento) per le polveri sottili.
Bene per piste ciclabili e «mobilità condivisa», male per qualità dell’aria. Numeri alla mano, l’Istat ha tracciato un profilo dell’«ambiente urbano» delle città italiane, con Bergamo che sale sul podio in tre classifiche e finisce dietro la lavagna per un altro indicatore. E sono parecchi quelli presi in considerazione nello studio, circa 140 tra aria, energia, mobilità, gestione dei rifiuti e verde urbano.
Sfogliando il dossier, Bergamo strappa un primato nazionale: tra i 109 capoluoghi italiani è quello con la maggior estensione di piste ciclabili in rapporto alla superficie del Comune. La rete di Bergamo, che secondo le rilevazioni dell’Istat nel 2023 - anno di riferimento per tutti gli indicatori dello studio fresco di pubblicazione - si distendeva su un totale di 93 chilometri tra piste e corsie dedicate alle due ruote, equivale a un rapporto di 231,1 km ciclabili ogni 100 km quadrati di superficie territoriale (la superficie del Comune di Bergamo è attorno ai 40 km quadrati, ma tutte le città sono state «tarate» sulla scala dei 100 km quadrati); al secondo posto, sempre con gli stessi criteri, c’è Padova (219,4 km ciclabili ogni 100 km quadrati di superficie comunale), poi Torino (193,6), Milano (180,6) e Brescia (179,9) a completare le prime cinque posizioni della classifica nazionale.
Bergamo se la cava bene anche per la capillarità di alcuni servizi di mobilità condivisa: sempre l’Istat certifica che è la seconda città d’Italia a offrire più scooter in sharing (9,2 ogni 10mila abitanti, fa meglio solo Milano con 21,9) e la seconda con più monopattini elettrici in sharing (66,7 ogni 10mila abitanti alla pari di Rimini, fa meglio solo Pisa con 101).
Come per le grandi opere viabilistiche, ormai anche per le piste ciclabili occorre però allargare lo sguardo in ottica sovracomunale. «Il Pums (il Piano urbano della mobilità sostenibile, ndr) è in fase di attuazione progressiva e porterà a estendere ulteriormente la rete – spiega Marco Berlanda, assessore alla Mobilità del Comune –. Ci sono dei tratti da completare e alcuni scampoli da ricucire, ma c’è anche un discorso di ambito extra-urbano: è importante che le piste cittadine si colleghino nella maniera giusta a quella dei Comuni dell’hinterland. Ci stiamo confrontando con diverse amministrazioni per verificare come connettere al meglio le diverse reti: è un lavoro che richiede tempo, ma che porta vantaggi».
La mobilità sostenibile dà l’assist alla qualità dell’aria, argomento su cui cronicamente Bergamo – come tutto il bacino padano – è in sofferenza, al netto di valori in miglioramento sul medio periodo. L’Istat inserisce infatti Bergamo tra le «situazioni più critiche» per quanto riguarda il PM 2,5, una delle polveri sottili maggiormente insidiose per la salute: nel 2022-2023 la concentrazione media annua è stata di 20 microgrammi per metro cubo d’aria, la decima più alta in Italia.
«Incentivare la mobilità dolce e potenziare il trasporto pubblico locale è fondamentale per la qualità dell’aria – sottolinea Oriana Ruzzini, assessore all’Ambiente del Comune –. I PM 10 e PM 2,5 non derivano però soltanto dal traffico, ma sono determinati anche dalle emissioni degli edifici: stiamo lavorando per efficientare gli edifici pubblici, come previsto dal Climate City Contract (il documento per la neutralità climatica entro il 2030, ndr), è importante che anche i privati e le attività produttive facciano la propria parte».
A proposito di mobilità e ambiente, Ruzzini dà un giudizio negativo alla recente proroga al rinvio della «stretta» sui diesel Euro 5: «Rimandare l’entrata in vigore del divieto – commenta l’assessore a proposito dello slittamento al 1° ottobre 2026, contro la precedente deadline del 1° ottobre 2025 – è una visione miope e contraria rispetto alla realtà di cambiamento climatico che stiamo vivendo: c’è bisogno di fare di più, non di ritardare le scelte. È peraltro paradossale avere misure a livello regionale che sono però frammentate a seconda della dimensione dei Comuni, come se la qualità dell’aria in contesti così urbanizzati seguisse i confini amministrativi».
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