Cultura e Spettacoli
Martedì 04 Novembre 2025
«C’è chi disse no», le storie rimosse degli internati di guerra ritrovano voce
MEMORIE. Il documentario della regista Miraglia ricostruisce il doloroso destino dei militari che rifiutarono di combattere per il nazifascismo.Testimonianze dai lager, dai figli di Guareschi, Rigoni Stern e Salce e da Vasco Rossi.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, oltre 650mila soldati italiani, catturati dalle truppe di Hitler, si rifiutarono di continuare a combattere al fianco della Germania e di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Per il loro «no» pagarono un prezzo altissimo: trascorsero quasi due anni nei lager del Reich, dove soffrirono il freddo, la fame e il lavoro forzato. I tedeschi li chiamarono IMI – Internati Militari Italiani – una categoria creata appositamente per negare loro le tutele internazionali previste per i prigionieri di guerra. Decine di migliaia di uomini morirono nei campi. Chi riuscì a tornare in patria, fu segnato per sempre.
Al cinema e in tivù
Questa storia vera, ancora troppo poco conosciuta, è al centro del documentario «C’è chi disse no. La Resistenza degli Internati Militari Italiani», che sarà proiettato il 4 novembre alle 17.30 al Cinema Arlecchino di Milano (ingresso libero) e trasmesso il 7 novembre alle 21.10 su Rai Storia (canale 54 del digitale terrestre e in streaming su Rai Play). Il film, già in concorso all’XI Festival Internazionale del Documentario «Visioni dal Mondo», è prodotto da 3D Produzioni, in collaborazione con Associazione Chiamale Storie, con il contributo del Comune di Milano e il patrocinio di ANEI Milano. Il soggetto è di Marco Brando, mentre la sceneggiatura e la regia sono di Marialuisa Miragliae la voce narrante è quella di Giole Dix.
La vita nei lager
A ottant’anni dalla Liberazione, «C’è chi disse no» racconta alcune delle tante storie di questa Resistenza silenziosa, combattuta senza armi ma con straordinario coraggio. Tra i protagonisti, c’è Giuseppe Pagnoni, un ex soldato milanese che oggi ha 101 anni, ma ricorda ancora bene quando, a venti, fu deportato in un lager vicino a Norimberga. La sua storia si intreccia con le testimonianze dei figli di alcuni celebri internati militari, come gli scrittori Giovannino Guareschi e Mario Rigoni Stern e gli attori Gianrico Tedeschi e Luciano Salce. A condividere un ricordo commosso è anche il cantante Vasco Rossi, che fu chiamato così proprio in onore di un compagno di prigionia del padre, internato nei pressi di Dortmund in Germania. Il documentario ci restituisce la vita nei lager attraverso lettere, pagine di diari e fotografie, ma anche disegni realizzati in segreto da uomini come Francesco Besso, a cui è stata recentemente dedicata una pietra d’inciampo a Milano e che morì fucilato nel 1945 a Rodi. Gino Spalmach, invece, fu un tenente romano che raccontò di aver visto «orrore e morte», ma di essere riuscito, anche in quelle condizioni, a «prendere qualche impressione di colore».
Accuse ingiuste e silenzi
«La storia degli internati militari italiani ha coinvolto migliaia di famiglie, eppure resta poco conosciuta - spiega la regista Miraglia -. Viene raccontata raramente, non è quasi mai studiata nelle scuole. A lungo, sono stati gli stessi internati a tenerla nascosta. Al loro ritorno dai campi nazisti, molti ex soldati vennero infatti accusati ingiustamente di aver collaborato con i tedeschi. Alcuni non furono creduti e per questo si chiusero nel silenzio». Un silenzio che oggi viene definitivamente rotto attraverso un lavoro che recupera ricordi e immagini.
I parenti e i ricercatori storici
«A ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, in un periodo segnato da nuovi conflitti e nuove forme di violenza, - continua la regista - abbiamo sentito il bisogno di ridare voce a una storia di Resistenza senz’armi, ma attiva e consapevole, che è a tutti gli effetti contemporanea. Proprio per questo, nel documentario, immagini d’archivio e riprese attuali, bianco e nero e colore, si alternano senza soluzione di continuità».Il documentario abbina le voci dei familiari e dei ricercatori storici a quelle dei protagonisti: « I primi piani degli intervistati si sovrappongono a dettagli delle lettere spedite dai lager e delle scritte incise sulle gavette militari. Due giovani attori, Manuel Bonvino e Diego Finazzi, leggono passi tratti da diari e testimonianze dell’epoca: non solo danno voce a chi ha vissuto la prigionia – come il poeta Tonino Guerra o lo scrittore Mario Rigoni Stern – ma diventano il filo che unisce passato e presente, memoria e futuro».
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