Italia, l’unità politica sul conflitto non c’è più

MONDO. Il governo Meloni ha schierato l’Italia inequivocabilmente dalla parte di Israele assalito dai terroristi islamisti di Hamas; ha chiesto che si risparmi la vita dei civili di Gaza e ha assicurato a chi di questi vorrà sfollare verso sud, il proprio aiuto umanitario; ha ripetuto che la soluzione del conflitto non può che essere quella di «due popoli, due Stati» secondo la dottrina Onu.

Su questo, maggioranza e opposizione si sono fin qui trovati d’accordo, tant’è che quando Giorgia Meloni si è recata in Parlamento per esporre la linea governativa alla vigilia del Consiglio europeo, molti passaggi del suo discorso sono stati punteggiati da applausi delle intere due assemblee. Eppure con l’opposizione si è ora segnato uno strappo molto profondo allorché l’Italia ha deciso di astenersi sulla bozza di risoluzione presentata dall’Onu dalla Giordania e da altri Paesi arabi (e appoggiata da Russia, Corea del Nord, Venezuela) in cui si chiedeva una un’immediata tregua umanitaria nella Striscia. Astensione perché, come ha spiegato l’ambasciatore italiano all’Onu, nel testo non trovavano spazio né la condanna delle azioni terroristiche di Hamas né la richiesta di liberare immediatamente gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza. Passaggi che erano stati proposti dal Canada ma che sono stati bocciati.

Di fronte ad un furente ambasciatore israeliano («Giorno di infamia per l’Onu») e al no degli Stati Uniti, la maggioranza dei Paesi europei e del G7 ha votato no o si è astenuta: come l’Italia anche la Germania, la Gran Bretagna, l’Olanda e altri. Ma questa posizione, considerata da Meloni «la più equilibrata», ha suscitato le ire dell’opposizione interna. Per Elly Schlein astenersi è stato «un errore», per Giuseppe Conte «un gesto pilatesco» dal momento che per la sinistra la priorità oggi non è tanto ribadire la condanna del terrorismo islamista quanto salvare le vite dei civili sottoposti ai bombardamenti dell’esercito israeliano. E così si è rotta quell’unità politica che pure era stata assai apprezzata da molti osservatori stranieri come prova di maturità di uno Stato di fronte ad un evento eccezionalmente grave come la guerra in Medio Oriente al pari dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Ma, proprio come sull’Ucraina il fronte «nazionale» ad un certo punto si è incrinato con l’aperta ostilità del M5S all’invio di armi a Kiev e con i distinguo del Pd della Schlein, così nella tragedia mediorientale devono aver pesato, a sinistra, le tante piazze filopalestinesi riempite dal popolo di sinistra e di estrema sinistra. Al punto hanno pesato, da sbilanciare la cautela con cui Elly Schlein aveva fino a quel momento gestito la linea del Pd mantenendola sui binari tradizionali: difesa di Israele, comprensione per i diritti dei palestinesi, condanna del terrorismo. Ad un certo punto questa cautela si è come spenta: forse nel Pd si sono ricordati delle contestazioni che le sue delegazioni hanno subito quando hanno deciso di partecipare a simili manifestazioni del fronte pacifista (Enrico Letta fu fischiato) e hanno deciso di non potersi permettere contestazioni da sinistra e tantomeno di regalare al M5S vaste praterie elettorali.

Del resto non più tardi di domenica scorsa Beppe Grillo - che ogni tanto torna a far sentire la sua voce - accusava Israele di «genocidio» esattamente come i manifestanti apertamente pro-Hamas, quelli che considerano Israele uno Stato nazista. Non bisogna dimenticare che mancano pochi mesi alle prossime elezioni (europee) e ciascun partito vuol essere sicuro di mantenere il proprio elettorato.

Viceversa nel centrodestra la linea Meloni non ha suscitato perplessità o contrarietà: i due ministri più esposti, Tajani e Crosetto, hanno argomentato le ragioni dell’astensione all’Onu rimarcando che è quella perseguita dalla maggioranza delle grandi democrazie occidentali.

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