La società neofeudale, Trump segno dei tempi

MONDO. Non è importante che il gatto sia bianco o nero, l’importante è che prenda il topo, recita un noto motto attribuito a Mao Tse Tung. Forse Trump è più nero che bianco, ma questo non conta. Quel che conta è che ha preso il topo.

È riuscito laddove nessun altro, né governi, né Stati, né organismi internazionali sono riusciti. Nemmeno l’Onu, che pure è organizzazione ispirata dalla più ambiziosa declinazione al pacifismo: bandire definitivamente la guerra dalla storia, dovrebbe essere nel suo Dna. Non c’ha nemmeno provato. Certo, è tutto da vedere se l’accordo siglato a Sharm el Sheikh reggerà. Ciò non toglie che inesorabilmente si debba prendere atto del passaggio storico che l’accordo ha segnato nella vita internazionale. Siamo tornati all’Ottocento, un Ottocento prolungatosi fino alla prima metà del Novecento. D’ora in avanti a dettare legge nelle relazioni - e nei conflitti - mondiali non ci sarà più alcun organismo sovranazionale, nemmeno l’Onu, ma solo le superpotenze.

D’ora in avanti a dettare legge nelle relazioni - e nei conflitti - mondiali non ci sarà più alcun organismo sovranazionale, nemmeno l’Onu, ma solo le superpotenze.

Abbiamo trattato il personaggio Trump come fosse un caso clinico di disturbo caratteriale. Modi, toni, postura, gestualità, linguaggio, per non dire della perentorietà e volubilità dei suoi voleri, tutto di lui parla di una personalità autoritaria. Non conosce regole, impedimenti, argini istituzionali che lo possano anche solo frenare. Non ci sono precedenti nella storia degli Stati Uniti. Si sbaglia però a considerarlo un caso, un tipo di governante improbabile, capitato appunto per caso alla guida della maggiore potenza del globo. Trump non è un caso. Non è un errore della Provvidenza. È un segno dei tempi.

Trump non sarebbe arrivato alla guida degli Stati Uniti se alle sue spalle non si fosse formato un nuovo tipo di società. Una società che potremmo chiamare neofeudale, e cioè che prevede, come l’originaria società feudale, una minoranza depositaria della ricchezza detentrice del potere politico

Si parla a ragione di crisi della democrazia, almeno di quella che abbiamo conosciuto e praticato nel secolo scorso. Questa, per quanto attraversata da conflitti, ingiustizie, disuguaglianze di ogni genere (sociali, regionali, di genere ecc.), garantiva un ordine globale ed era al contempo portatrice di uno sviluppo insieme economico e civile. Apriva prospettive di emancipazione, un’ascesa sociale potenzialmente per tutti. Era una società aperta. La classe dirigente deteneva un dominio, ma un dominio retto su un’egemonia, ossia guadagnato in forza della preminenza ottenuta sul campo, rispetto a tutte le altre proposte di società. Ciò le dava la forza, oltre che la legittimazione per imporsi.

Non più elettori, ma seguaci

Trump non sarebbe arrivato alla guida degli Stati Uniti se alle sue spalle non si fosse formato un nuovo tipo di società. Una società che potremmo chiamare neofeudale, e cioè che prevede, come l’originaria società feudale, una minoranza depositaria della ricchezza detentrice del potere politico. Non più elettori, ma seguaci. Non più cittadini, ma follower. Non più schede da infilare nell’urna, ma dei «mi piace» da postare sul web. Non più il potere politico che regola e argina il potere economico, ma potere politico ed economico unificati nelle stesse mani. Sono gli oligarchi digitali, i tecnocapitalisti, i detentori di immense fortune finanziarie, i nuovi feudatari. Sono al vertice della gerarchia sociale. Detengono un potere che surclassa - e travalica - lo Stato nazionale. Il loro dominio rende spuntata qualsiasi proposta, qualsiasi ideologia che prometta un riscatto sociale fuori dall’ordine esistente.

La democrazia in sofferenza

Ne soffre la democrazia. Non si cercano più delle opportunità, ma protezioni. Non si confida più nell’aiuto che le istituzioni possono offrire per migliorare la propria condizione di vita. Non c’è più speranza, ma rabbia. Non si vota più, ma si protesta. La nuova società feudale fissa una divisione verticale. In alto i vincenti, detentori della ricchezza e del potere politico, in basso i perdenti, gli esclusi dal potere. Naturalmente nulla (o quasi) - ci insegna la storia - è ineluttabile. Per riuscire, o anche solo aspirare a correggere un processo, non si può non sforzarci di capire quel che ci aspetta.

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