Nell’Opera San Gregorio Barbarigo il racconto di un secolo di vocazioni

LA MOSTRA. L’atrio della Portineria del Seminario Vescovile ospita fino al 20 dicembre l’esposizione «L’Opera delle Opere», dedicata alla storia dell’istituto nato nel 1925, per aiutare i giovani e i chierici bisognosi.

Da lunedì 1 dicembre a sabato 20 dicembre, l’atrio della Portineria del Seminario Vescovile ospiterà la mostra «L’Opera delle Opere: Un secolo dell’Opera San Gregorio Barbarigo (1925-2025)» nel 400° anniversario della nascita del santo. L’esposizione, ad opera della Biblioteca diocesana del Seminario e curata dall’archivista Andrea Capelli, è ad accesso libero e gratuito dalle 9 alle 18. La nascita dell’Opera San Gregorio Barbarigo, istituto per le vocazioni ecclesiastiche, affonda le sue radici nella profonda preoccupazione di monsignor Luigi Maria Marelli, Vescovo di Bergamo, nel periodo immediatamente successivo alla Prima Guerra Mondiale. Il Vescovo constata una costante diminuzione nel numero degli iscritti al Seminario diocesano, scesi da 420 alunni nel 1902 a 323 nel 1915. Una delle cause principali di questa crisi era dovuta alle difficoltà finanziarie delle famiglie bergamasche.

Collette e propaganda

Per far fronte a questa situazione, monsignor Marelli fondò la Pia Opera diocesana per le vocazioni ecclesiastiche, intitolata al beato Gregorio Barbarigo. L’obiettivo era duplice: promuovere e coltivare le vocazioni e aiutare i chierici più bisognosi. Gli scopi istituzionali, come si legge dal primo statuto, erano chiari e articolati: suscitare nel popolo l’alto concetto del sacerdozio cattolico, e quindi il dovuto rispetto e amore, promuovere e aiutare moralmente e finanziariamente le vocazioni sacerdotali, concorrere con opere e preghiere alla santificazione del clero. L’Opera si prefiggeva di raggiungere tali obiettivi con la preghiera, le collette e ogni mezzo di azione e propaganda necessario. In ogni parrocchia si chiedeva la promozione della santificazione del clero e la celebrazione annuale della Giornata delle vocazioni sacerdotali. I fedeli erano coinvolti attraverso diverse categorie di soci (fondatori, benefattori, contribuenti, aderenti), in base alle loro possibilità di offerta. Un ruolo fondamentale era affidato all’Azione Cattolica, i cui circoli dovevano raccogliere le offerte materiali, mentre le comunità religiose, specialmente femminili, erano incaricate della preghiera continua.

L’unione delle forze

I risultati di questo impegno non tardarono ad arrivare: nel 1936, a soli undici anni dalla fondazione, il Seminario contava circa 200 alunni in più rispetto al 1925, e ogni anno venivano ordinati dai 35 ai 40 sacerdoti novelli. Un momento cruciale nella storia dell’Opera fu la collaborazione con l’Unione missionaria del clero diocesana. Per dare maggior slancio all’Opera Barbarigo e suscitare vivo interessamento, il Vescovo di Bergamo chiese alle due Presidenze di unire le forze, stabilendo che i parroci divenissero direttori di diritto di un’unica commissione missionaria parrocchiale e dell’Opera Barbarigo. Vennero unificate anche alcune feste e la raccolta annuale delle offerte per entrambe le opere.

Lo studio e la custodia delle vocazioni

Fu in questo periodo che l’Opera diede vita a un proprio organo di stampa. Nel febbraio 1936 fu pubblicato per la prima volta il bollettino dell’Opera intitolato Il seme, inserito all’interno della rivista Vita eucaristica . Il vescovo monsignor Adriano Bernareggi continuò con tenacia la promozione dell’Opera, richiamando il clero sull’importanza di sostenerla e farne conoscere l’operato ai fedeli. Egli ricordava come la diminuzione dei proventi si traducesse in minori possibilità di aiutare i chierici poveri. Il suo impegno sul tema delle vocazioni si espresse nel triplice invito a studiare, promuovere e custodire le vocazioni. Nel 1941, Papa Pio XII istituì la Pontificia Opera delle vocazioni sacerdotali. L’Opera Barbarigo si affiliò a essa nel 1947, aderendo all’iniziativa della celebrazione della Giornata sacerdotale ogni primo giovedì del mese, una celebrazione esclusivamente spirituale.

Il materiale esposto

Il periodo più fecondo dell’Opera iniziò nel 1948, quando si staccò dall’Unione missionaria del clero e ottenne la piena autonomia. In quell’anno, l’Opera si dotò di una sede propria e vide l’ingresso di don Serafino Poli come segretario-propagandista. Don Poli fu l’artefice di una vera e propria rinascita, promuovendo numerose iniziative che la mostra documentaria aiuta a riscoprire: i convegni diocesani per le zelatrici (dal 1948), il calendario dell’Opera (dal 1948), il bollettino Alere (dal 1950), che divenne il periodico ufficiale dell’Opera con una nuova veste tipografica e l’obiettivo di fare da ponte tra il Seminario e gli interessati, specialmente le zelatrici. Alere - che in latino significa alimentare - era il programma stesso della rivista: alimentare l’Opera, la devozione al sacerdozio e la cultura delle vocazioni, incrementando lo spirito di iniziativa parrocchiale e facendo splendere l’amore per il Seminario.

Il vescovo del ’600

La figura di Gregorio Barbarigo, Vescovo di Bergamo tra il 1657 e il 1664, di cui quest’anno sono trascorsi - forse poco ricordati - i 400 anni dalla nascita, è stata centrale anche nelle celebrazioni promosse dall’Opera. Il culmine della sua devozione si ebbe tra il 1960 e il 1961, anni delle celebrazioni in suo onore. Il 26 maggio 1960, nella basilica di San Pietro in Vaticano, il Vescovo fu canonizzato dal nostro Papa Giovanni XXIII.

Le spoglie del Santo

Le celebrazioni bergamasche si svolsero dal 16 al 20 novembre 1960, con la partecipazione dei cardinali di Venezia e Milano e di tutti i Vescovi lombardi e bergamaschi. L’anno successivo, l’Opera Barbarigo fu impegnata a coordinare le manifestazioni di devozione verso l’urna contenente le spoglie mortali del Santo. Le reliquie, ottenute in prestito dal Vescovo di Padova in occasione del Primo Congresso catechistico diocesano (settembre 1961), stettero un giorno a Urgnano, una settimana in cattedrale e due giorni a Sotto il Monte. Pur mutati i tempi, l’Opera Barbarigo continua a portare avanti gli scopi per i quali è sorta. A un secolo dalla sua fondazione, essa vorrebbe rappresentare ancora un motore instancabile per la promozione e la custodia delle vocazioni sacerdotali, non in uno sforzo anacronistico ancorato a una Chiesa che non c’è più, non perché viziata da una prospettiva clericale, ma animata dalla quieta consapevolezza della necessità di uomini che, ancor più formati e preparati per una Chiesa missionaria e sinodale, dedichino la vita a Dio per il bene di tutto il Suo popolo. Per informazioni: 035.286221; [email protected].

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