(Foto di Colleoni)
IL LUTTO. Il dolore degli amici di Daniel Garcia: «Non si meritava quella fine». Da lunedì 15 dicembre aperta la camera ardente. «L’ingresso all’ex cementificio? Spinti solo da curiosità». Il papà: «Ho saputo di questa pratica dai carabinieri».
Casnigo
«Garcia era un bravo ragazzo, non si meritava quella fine. Chi dice che ha sbagliato a entrare là dentro non pensa alla curiosità che si può avere alla nostra età. Non doveva farlo? Forse è vero, ma non va neppure criminalizzato come ho letto da qualche parte». Sono passati quasi due giorni da quando Daniel Esteban Camera Garcia, il diciannovenne che tutti chiamavano amichevolmente «Garcia», è morto cadendo in una botola rettangolare, nella notte tra sabato 13 e domenica 14 dicembre all’interno dell’ex Italcementi di Alzano Lombardo. E chi lo conosceva, a Casnigo, non si dà pace: «Nessuno pensava che in quella struttura fosse pericoloso fino a questo punto...», sottolinea un diciottenne del paese.
A detta di molti ragazzi il gruppetto di cui Garcia faceva parte – sette tra ragazzi e ragazze, cinque dei quali entrati di notte nell’ex cementificio e due rimasti fuori – può aver sottovalutato i rischi di accedere in una struttura così articolata e labirintica, soprattutto quando c’è buio. Garcia era il primo della fila e aveva il cellulare in mano, con la torcia accesa per farsi luce. Ma una luce non sufficiente – complice forse un gioco di ombre tra il pavimento e le pareti sconnesse dell’ex impresa – a far capire che davanti a lui era aperta la botola nella quale è caduto, facendo un volo di cinque metri.
Il silenzio e il buio sono stati scossi da due tonfi, uno probabilmente il cellulare e poi il diciannovenne morto sul colpo, finendo sul pavimento del pianterreno dell’ex cementificio, appunto cinque metri più in basso rispetto a dove si trovava – al primo piano – con i quattro amici. Dietro di lui il coetaneo con il quale aveva trascorso tutta la serata, fin dalla cena con i coscritti – in tutto nove – al ristorante «Al Portichetto» di Cirano, a Gandino. Poi Daniel Esteban aveva raggiunto proprio con lui altri amici l’ex Italcementi di Alzano, mentre il resto della compagnia era andata al Jam, locale vicino all’Esselunga di Nembro. Pare che non fosse la prima volta che il gruppo entrato nell’ex cementificio chiuso dall’inizio degli Anni Settanta facesse questo genere di perlustrazioni notturne di luoghi abbandonati. Un’attività diffusa poi con video on line (non dal gruppo di cui faceva parte il diciannovenne di Casnigo) su Youtube e diversi social e nota come urbex, urban exploration. Dal pomeriggio di lunedì 15 dicembre intanto la salma di Daniel Esteban Camera Garcia è stata composta nella camera ardente allestita alla casa del commiato di Gazzaniga, al civico 6 di via Salici: la camera resterà aperta anche oggi, martedì 16 dicembre, dalle 8,30 a mezzogiorno e dalle 14 alle 19.
«Non sapevo sarebbe andato lì e non sapevo cosa fosse l’esplorazione di luoghi abbandonati fino a quando i carabinieri mi hanno detto cos’era accaduto a mio figlio»
Il diciannovenne viveva con i genitori – papa Fabio, manutentore nativo di Cazzano Sant’Andrea, e mamma Ana, originaria della Colombia – e con il fratellino Samuel di 11 anni in un appartamento di via Trieste a Casnigo, sulla strada che porta proprio a Cazzano. Il giovane lascia anche le due nonne, Maria e Teresa. «Non sapevo sarebbe andato lì e non sapevo cosa fosse l’esplorazione di luoghi abbandonati fino a quando i carabinieri mi hanno detto cos’era accaduto a mio figlio – non si dà pace papà Fabio –: mi ha salutato sabato sera prima di uscire, dicendo che sarebbe andato a cena con i coscritti a Cirano. Era un ragazzo tranquillo, usciva solo nei fine settimana». Per la morte del diciannovenne non sono stati aperti fascicoli in procura: l’unico potenziale reato cui potrebbero incorrere i ragazzi del gruppo è l’invasione di proprietà, ma è necessaria la denuncia appunto della proprietà.
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