Ahanor: «La Champions un sogno: qui progetto ideale per i giovani»

LA PRESENTAZIONE Il 17enne: «Desidero ripagare la fiducia accordatami. Sono stato pagato tanto? Uno stimolo. Con Juric sto già migliorando».

Il volto ha ancora alcuni tratti del ragazzo che è, il corpo e la testa paiono già quelli di un veterano. Honest Ahanor si è presentato così alla stampa, nella sala conferenze di Zingonia. A introdurre il 17enne le parole dell’ad Luca Percassi: «Siamo particolarmente orgogliosi di presentare Honest: è un ragazzo che conosciamo da tanto, lo abbiamo seguito proprio avendo la possibilità di giocarci contro con le nostre giovanili. Ahanor si è sempre contraddistinto per le grandi qualità in campo: la più bella conferma è stato vederlo come uno molto più maturo della sua età. Si integra perfettamente nello stile Atalanta: sappiamo quanto è importante il settore giovane per noi, ma se ci sono opportunità di poter investire su ragazzi giovani di grande prospettiva per la prima squadra, questa è la dimostrazione concreta. Honest avrà bisogno di crescere, dovremo essere pazienti, ma siamo molto contenti di come si sta comportando. Sembra che sia qui da sempre».

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Nato il 23 febbraio 2008, il ragazzo di origini nigeriane ha già le idee chiare: «Giocare la Champions League è sempre un sogno per un ragazzo, però la mia testa è concentrata più sul percorso, accompagnare la squadra specialmente in campionato. Se capiterà di esordire e vincere in Champions League sarà ancor più speciale. Giocarla con l’Atalanta è la motivazione principale: voglio dimostrare la fiducia che mi sta dando la famiglia Percassi, il direttore D’Amico, mister Juric e tutti i miei compagni, per fare un’annata fantastica».

Nel corso della sua carriera ha sempre giocato con gente più grande di lei. Cos’ha imparato dal punto di vista umano?

«Ho sempre imparato molto dai miei compagni, ho imparato a gestire le responsabilità prima degli altri. Esordire tra i professionisti è stato più facile grazie agli anni precedenti, mi sono formato molto prima».

Per un ragazzo del 2008, com’è giocare in Italia in Serie A? C’è qualcosa che la spaventa, che la stimola, con giocatori che hanno molti più anni di lei?

«Paura no: sono in un ambiente fantastico, con persone perbene, so che posso trovare sempre un appoggio. Pensare di giocare con altri campioni in Champions League mi entusiasma: è una grande opportunità, sono desideroso di coglierla».

La sua è una storia di inclusione: ce la può raccontare?

«Sono nato ad Aversa, in provincia di Caserta, quando avevo un anno mi sono trasferito a Genova: mia mamma abitava nei pressi dell’abbazia di San Nicolò del Boschetto. Vicino all’ex monastero c’era un campetto, una persona a cui sono molto legato ha deciso di aprirci una scuola calcio. Mi ha detto che il custode era morto circa 4 anni prima: sentendo le voci dei bambini che stavano andando ad allenarsi ho deciso di chiedere se potessi andarci anche io. Ho fatto 3 anni lì e poi sono andato al Genoa».

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