Badanti e colf, calano i contratti regolari. «Cresce il sommerso, famiglie da aiutare»

I DATI INPS. Nel 2024 in Bergamasca registrati 10.800 lavoratori domestici, con una diminuzione del 5,9% sul 2023. Assindatcolf: «Ma aumentano gli anziani e i bisogni di assistenza: lo Stato sostenga in concreto il lavoro di cura».

Gli anziani aumentano, ed è noto. Eppure, non aumentano le figure tra le più preziose al loro fianco: il numero delle badanti resta sostanzialmente immutato, le colf paiono invece in via d’estinzione. Dentro i nuovi dati dell’Inps sul lavoro domestico si scorge l’ennesimo indizio di una duplice tendenza: le famiglie fanno fatica, sempre più fatica, a permettersi l’assistenza familiare, mentre una quota di «nero» – più o meno ampia – continua ad aleggiare sullo sfondo.

I numeri

I numeri, appunto. Lo scorso anno in provincia di Bergamo il totale dei lavoratori domestici – o delle lavoratrici domestiche, visto che la gran parte è donna – è calato del 5,9%, passando dagli 11.478 del 2023 ai 10.800 del 2024 (meno 678). In questo «universo» sono due le categorie principali: le badanti fondamentalmente non presentano oscillazioni, erano 5.920 nel 2023 e sono salite a 5.935 nel 2024, con una variazione contenuta al +0,25%; le colf, invece, hanno subito un tracollo dalle 5.558 del 2023 alle 4.865 del 2024 (-10,5%). Se lo sguardo si allarga, mette a fuoco una contrazione recente più ampia, visto che ad esempio nel 2021 – il picco recente, anche per via degli effetti di una sanatoria per l’emersione del lavoro irregolare tra gli stranieri – i lavoratori domestici in terra orobica erano 13.950, di cui 6.077 badanti e 7.873 colf. Tra l’altro, è ormai realtà consolidata il sorpasso delle badanti sulle colf: segno che i bisogni legati all’anzianità sono i più rilevanti.

Le reazioni

Per Simona Paris, delegata per le province di Bergamo e Brescia dell’Assindatcolf, l’associazione dei datori di lavoro domestico e familiare, «la fotografia scattata dall’Inps certifica un vero e proprio cambio di paradigma sociale e demografico: l’Italia sta invecchiando rapidamente e i bisogni delle famiglie stanno cambiando. Non si tratta più soltanto di supporto nelle attività domestiche, ma di una domanda crescente di assistenza continuativa per la non autosufficienza». Il punto di partenza è nitido, e nelle cifre scorre un trend altrettanto evidente: «Di fronte a questa crescente richiesta di cura, emerge un dato preoccupante: il lavoro regolare nel settore continua a diminuire – rimarca Paris –. Se il bisogno di assistenza aumenta ma calano i contratti regolari, è evidente che cresce il lavoro sommerso. Non possiamo accettare che questo fenomeno avvenga nel silenzio o nell’indifferenza».

È un rilievo che chiama in causa i possibili interventi per arginare l’irregolarità: «Chiediamo un intervento strutturale da parte dello Stato, che sostenga concretamente le famiglie e riconosca il valore sociale del lavoro di cura – sottolinea Paris –. Servono politiche migratorie adeguate, non solo nella definizione delle quote nei decreti flussi, ma anche strumenti moderni, che vadano oltre la logica dei “click day”. Inoltre, sono necessari aiuti economici concreti: la nostra storica battaglia è per la deduzione integrale del costo del lavoro domestico, comprensiva non solo dei contributi, ma anche delle retribuzioni, oppure per l’istituzione di un credito d’imposta pari al 50% della spesa sostenuta, così da alleggerire in modo tangibile il peso economico dell’assistenza». È l’equazione che serve per contrastare il «nero»: con più sostegno economico, le famiglie riuscirebbero a ingaggiare regolarmente le badanti; chi è meno abbiente, viceversa, tende a orientarsi – anche per necessità – verso soluzioni sommerse.

Dinamiche e richieste

Leggendo la curva delle badanti negli ultimi anni si aggiungono ulteriori riflessioni: «Il picco del 2021 – ricorda Orazio Amboni, del Dipartimento Welfare della Cgil Bergamo – è stato il segno di un bisogno assistenziale in continua crescita al quale le famiglie hanno dato la risposta più immediata e possibile anche a causa dei blocchi di accesso alle Rsa durante il Covid. Il calo recente della curva è contenuto e il numero rimane comunque al di sopra del livello pre-Covid».

Per le colf, invece, «si vanno diffondendo sempre più rapporti di lavoro con orari ridotti, di 2-4 ore alla settimana, che si prestano con più facilità al lavoro irregolare», rileva Amboni. «Le famiglie, per molte ragioni, ultimamente fanno sempre più fatica a sostenere i costi di un’assistente familiare – concorda anche Giacomo Meloni, segretario generale della Fnp-Cisl Bergamo –. Così si ricorre al nero, che è sempre da evitare, oppure aumenta la presenza di caregiver familiare, col peso del lavoro di cura che ne consegue.

Da qualsiasi lato si osservi la questione dell’invecchiamento, oggi sia l’ingresso in Rsa sia il ricorso a una badante sono diventati imprese titaniche che le famiglie faticano a sostenere». E a poco sono serviti, finora, i recenti bonus per gli anziani introdotti dal governo. «Avevamo apprezzato l’approvazione della legge sulla non autosufficienza, che partiva da princìpi condivisibili e importanti – premette Meloni –, ma con altrettanta determinazione ribadiamo che le risorse economiche stanziate sono assolutamente insufficienti: paiono un’elegante presa in giro verso le famiglie, che hanno invece estrema necessità di un sostegno economico anche di natura pubblica».

© RIPRODUZIONE RISERVATA