
Cronaca / Bergamo Città
Sabato 12 Luglio 2025
Case comunali, una su 4 è sfitta:«Servono risorse»
LA FOTOGRAFIA . L’assessore Lenzini: «Hanno bisogno di lavori, ma il Comune non può essere lasciato solo».
Alcuni sono lasciti (soprattutto in Città Alta), altri sono stati acquistati nel tempo, altri ancora sono frutto dei vecchi investimenti nazionali, come il piano «Fanfani», con case distribuite per lotti ben riconoscibili nei diversi quartieri della città. In tutto sono 985 alloggi, le vecchie «case popolari» di proprietà del Comune di Bergamo, oggi definite, dalla legge regionale, dalla sigla «Sap» che sta per servizi abitativi pubblici. Ma non tutti sono assegnati: tra i 235 e i 240 alloggi al momento sono vuoti (il numero può leggermente variare, perché la situazione è fluida e muta in base alle esigenze delle famiglie), in pratica circa uno su 4. Sono vuoti perché le loro condizioni non consentono di ospitare nuove famiglie, per renderli abitabili il Comune dovrebbe metterli a norma.
Un patrimonio immobiliare che, con una media di 40 anni di età, non è certo «prestante» con alloggi che, ogni qualvolta si liberano, hanno sistematicamente bisogno di essere riqualificati. «È anche per questo che è difficile incidere in maniera significativa sul numero di alloggi vuoti – spiega l’assessore alle Politiche della Casa Claudia Lenzini -. Se in un anno l’amministrazione comunale riesce a riattare un lotto di alloggi, bisogna tenere presente che ce ne saranno di nuovi su cui dover intervenire. E può essere che, a fine mandato, il numero di quelli non disponibili, nonostante l’investimento di risorse, resti invariato».
I quartieri e gli inquilini
Il primato, in termini quantitativi, ce l’ha Città Alta, con 140 appartamenti, poi Boccaleone (116) e Celadina (115). Una buona concentrazione a Grumello al Piano (83) e Valverde (82). Ci sono quartieri invece dove il Comune non ha proprietà: Loreto, Santa Lucia, Malpensata, Carnovali, Conca Fiorita e il centro città nella zona di Papa Giovanni XXIII (questo non significa che in questi quartieri non ci siano alloggi Sap, perché c’è tutto il patrimonio Aler da considerare). Al momento, assegnati in città, sono tra i 745 e i 750 appartamenti (alcune unità sono state destinate a progettualità dei Servizi sociali, quindi extra Sap), abitati da 1.633 inquilini (777 maschi, 856 femmine) provenienti da 55 Paesi diversi, un «melting pot» composto da 743 nuclei familiari.
Per quasi la metà (363) si tratta di persone sole, seguite dalle coppie (162), da nuclei composti da 3 persone (81), 4 persone (57), 5 persone (41), 6 persone (20), 7 persone (10). Residuali i casi di famiglie composte da 8 a 10 persone (in tutto 9). La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 41 e i 65 anni (544 persone), ma dai numeri emerge come la maggior parte degli inquilini (1.246, di cui 338 minorenni) siano under 65. Non mancano gli anziani e neanche i «grandi anziani» (ultra 90enni, in tutto 69). Tornando alle nazionalità, per due terzi le case popolari comunali sono abitate da italiani (in tutto 1.100 persone), seguiti da persone il cui Stato di nascita risulta il Marocco (133), Bolivia (51), Albania (47), Senegal (35), Serbia (31), Ghana (24), Tunisia (19), Perù (13), Romania (12). Ma nella mappa è davvero varia, con persone nate in Svizzera, Svezia, Venezuela, Berlgio, Kazakistan, Russia.
Richiesta altissima
Si tratta sempre di persone che vivono una situazione di fragilità economica o fisica, persone diversamente abili, rimaste sole. E la richiesta di case popolari è altissima. Con l’ultimo bando, i cui risultati provvisori sono stati pubblicati la scorsa settimana, sono state 532 le richieste, a fronte di 20 appartamenti, sistemati di recente dal Comune, parziale frutto dello stanziamento di 700mila euro. Questa la somma messa a Pop (Piano delle opere pubbliche) dalla Giunta Carnevali per la manutenzione delle case popolari da rimettere nel circolo «Sap»: «Abbiamo riqualificato i primi 20 alloggi, ne vorremmo sistemare altri 20, la progettazione è in corso, ma le tempistiche non sono velocissime - fa il punto Lenzini -. Senza contare poi che, questi tipi di cantieri non hanno molto appeal sulle imprese edili, difficili da individuare. Il nostro obiettivo resta comunque quello di mantenere una percentuale bassa di alloggi sfitti. Puntiamo, anche per il futuro, a prevedere la sistemazione di 40 alloggi all’anno, ma il numero potrebbe variare, perché molto dipende dalle condizioni in cui si trovano i locali. Ci siamo dati però un metodo di lavoro, condiviso con i sindacati: sistemare prima quelli che non hanno bisogno di lavori troppo importanti, riuscendo così a metterne a disposizione il più possibile».
«Servono più risorse»
Considerando che per 40 appartamenti Palafrizzoni ha stanziato 700mila euro, per sistemarne 235 servirebbero oltre 4 milioni di euro. Ma è un esercizio puramente matematico, perché, si diceva, ogni appartamento richiede investimenti differenti. La variabile «risorse» resta comunque fondamentale, sottolinea Lenzini: «Le politiche della casa sono di medio-lungo termine e non può bastare un’azione singola, da parte del Comune: serve il supporto delle politiche abitative a livello nazionale se non europeo, perché sono necessari interventi importanti. I Comuni non hanno disponibilità e non possono essere lasciati soli, l’attuale ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha parlato di “Piano Casa”, stiamo a vedere. Da parte nostra c’è interesse e volontà politica sul tema , crediamo sia la sfida del futuro: ampliare l’offerta, migliorare il patrimonio. Sulla casa si deve investire, anche per una questione di giustizia sociale. Chi non trova una risposta nel Sap, rischia di non trovare alcuna risposta in senso assoluto».
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