
(Foto di Agazzi)
IL SERVIZIO. Nella Bergamasca sei strutture diocesane: «Vicine ai bisogni». Giovanelli: «Sono un punto di riferimento in un mondo sempre più fragile»
«I consultori sono un po’ dimenticati, oggi. Per legge deve essercene uno ogni 20 mila abitanti ma, seppur in miglioramento, in questi anni siamo solo a quota uno ogni 37 mila, nel territorio bergamasco. Eppure sono servizi di primo livello, facilmente accessibili, non c’è bisogno di ricetta, danno prestazioni gratuite che molti non possono permettersi. Oltre ad erogare il bonus psicologo, misura importante e che lo Stato sta rifinanziando, potrebbero esserci consultori in più o si potrebbe aumentare il budget per quelli esistenti vista la forte richiesta da parte dei cittadini. In questo modo si potrebbe dare una risposta psicologica molto più forte e per tutti. Senza dimenticare l’accompagnamento alla nascita e alla prevenzione alla salute».
C’è tutto il senso di un servizio nelle parole di Antonio Mazzucco, responsabile del consultorio «Costante Scarpellini» di Bergamo e del «Monsignor Roberto Amadei» di Calusco d’Adda, due delle sei strutture diocesane bergamasche che fanno parte della «rete» della Fondazione Angelo Custode.
Con gli altri quattro consultori, quello per giovani e adolescenti, sempre di Bergamo, guidato dallo psicologo Giovanni Danesi, e inoltre lo «Zelinda» di Trescore Balneario, il «Basso Sebino» di Villongo e il «Santa Gianna Beretta Molla» di Clusone dei quali è responsabile il sociologo Bruno Vedovati, sono ormai da anni «un significativo punto di riferimento per tantissime famiglie. Un modo interessante - dice - di gestire i servizi, nel rispetto del mandato tecnico e istituzionale pubblico, ma con un’attenzione nell’esprimere una sensibilità capace di interpretare la dottrina sociale cristiana. Dei servizi “segno” diocesani». Per Giuseppe Giovanelli, direttore della Fondazione Angelo Custode, «i consultori offrono un servizio importante, a presidio del territorio. In una società sempre più fragile sotto il profilo delle relazioni rappresentano un luogo aperto e a cui è facile rivolgersi. Presenti da 50 anni, i consultori sono fondamentali, per la nostra Fondazione, in quanto riferimento per famiglie, adolescenti e per quanti attraversano momenti di fatica. Speriamo che questi luoghi siano sempre più centrali nelle politiche regionali, perché andrebbero sostenuti e potenziati».
Era il 29 luglio del 1975, esattamente mezzo secolo fa, quando, con l’approvazione della legge 405, nacquero i consultori familiari pubblici, con l’obiettivo di perseguire «l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia», nonché «la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento». Fu, quello, uno stimolo diretto per la Chiesa.
E per rispondere ad una legge avvertita come sbilanciata sul versante medico-sanitario, i Vescovi, in quello stesso ’75, caldeggiarono una soluzione etico-religiosa con il documento della Cei «Evangelizzazione e sacramento del matrimonio». Bruno Vedovati pone ancora oggi l’accento su questa specificità: «La declinazione pubblica voluta dalla legge fu sul lato sanitario. La salute della donna era al centro. Del resto, gli anni ’70 furono quelli del femminismo e dell’aborto e la legge 405 era una risposta all’emancipazione femminile. Noi diocesani siamo nati più sul versante psicosociale: con un approccio di sussidiarietà e complementarietà alla risposta pubblica, più dedita alla componente sanitaria».
Certo, i consultori diocesani, come quelli dell’Angelo Custode, sono pur sempre consultori accreditati e contrattualizzati con la Sanità pubblica, e offrono, come dice l’ultimo Bilancio sociale della Fondazione, «un servizio di consulenza e accompagnamento aperto a tutti - singole persone, famiglie, coppie, genitori, fidanzati, adolescenti - per affrontare problemi inerenti la vita di coppia, la salute della donna, le relazioni familiari, la sessualità, la procreazione e l’educazione dei figli, eventuali difficoltà legate ai percorsi di crescita, alla costruzione dell’identità e alle relazioni con gli altri». Un evidente legame, quello con il quadro normativo generale, che, obiezione di coscienza a parte in tema di interruzione volontaria di gravidanza, «costituisce un vantaggio nell’accesso alle risorse», avverte Vedovati, ma «anche un limite»: «Dobbiamo stare attenti a non legarci troppo al concetto di prestazione, anche perché la crescita della domanda è esponenziale e il budget è limitato, e a non snaturarci».
Qual è, allora, il senso diocesano di un servizio, quello dei consultori della rete dell’Angelo Custode, a partire dai primi passi mossi nel 1981 con il Centro di Promozione della Famiglia? Il concetto-chiave è forse quello di una prevenzione possibile, e auspicata. Facendo anzitutto i conti con la «diversità dei territori». Spiega infatti Vedovati che «in città, rivolgersi allo psicologo è più consueto, specie in un’ottica di prevenzione. Nelle valli, invece, rileviamo lo stigma del pregiudizio, dell’essere visti, il nascondere il problema agli altri. Per noi è una grossa fatica essere d’aiuto». Negli anni, è l’analisi del sociologo, si è osservata «una trasformazione. Una volta i genitori chiedevano di essere aiutati, oggi sono affaticati e ci portano figli sempre più piccoli per i quali cercano una presa in carico completa, chiedendo di essere investiti di meno, loro, come figure genitoriali. C’è incapacità a porre limiti e regole, ed è un fenomeno che preoccupa».
Quanto alle crisi coniugali «arrivano già fatte, c’è poca possibilità di lavorarci prima. Le coppie non fanno “manutenzione”. E quando esplodono i conflitti, i figli vengono strumentalizzati, contesi». La diversità territoriale porta con sé criticità ma anche possibili risposte: «Trescore e Villongo in particolare – continua Vedovati - sono sorti in collaborazione con gli enti pubblici, i Comuni, il consorzio dei servizi della Valcavallina, la comunità montana. Le situazioni sono sempre più complesse. In questi territori l’accesso ai servizi viene visto spesso come l’ultima spiaggia, non in una logica preventiva». Proprio per questo «grazie a una sperimentazione regionale abbiamo istituito i Centri famiglia, è una sfida gestirli in relazione al consultorio. Sul tema del territorio stiamo poi cercando di “forzare”. La Val Cavallina è molto lunga. Di qui, i nuovi punti erogativi, parlo degli “spoke” dei Centri famiglia, a Casazza e Endine, e nel Basso Sebino a Tavernola. C’è anche un pensiero sulla Val di Scalve, un contesto con pochissimi servizi e una popolazione dispersa in un territorio ampio».
Mazzucco, dal suo osservatorio di Bergamo e Calusco, rileva soprattutto, quanto all’accompagnamento psicologico, due aspetti: «La fatica nel gestire le relazioni, che si tratti di coppie o di famiglie. E la realizzazione di sé, per cui molti sentono la fatica di vivere il quotidiano tra lavoro e scuola: penso ai disturbi dell’umore e depressivi, all’ansia, anche in reazione alle richieste alte della società che ci chiede di essere felici per essere realizzati». Lo «Scarpellini» è, spiega Mazzucco, «in contatto con sacerdoti e parrocchie, ma da noi chiunque è accolto, credente o meno.Aiutiamo tutti a curare e sviluppare relazioni “buone”per sé e per gli altri».
Come dice anche Giovanni Danesi, responsabile del consultorio per giovani e adolescenti: «Il consultorio è sempre meno un posto dove si trova la soluzione definitiva; sempre più, invece, aiutiamo il paziente a interrogare il suo bisogno e lo riorientiamo verso il servizio più adatto a una presa in carico continuativa e seria. Stiamo facendo un enorme lavoro di contatto con altre realtà, come centri specializzati nei disturbi alimentari, o in patologie psichiatriche. Il consultorio è strategico, vi si rivolge una persona che non sa a chi affidarsi. Ed è una domanda in forte crescita. Come quella dei ragazzi che provano un disagio: è solo esistenziale o c’è qualcosa da diagnosticare che sta sotto?».
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