
(Foto di Bedolis)
La SITUAZIONE ATTUALE. La piscina desolatamente vuota, un pannello a coprire un ingresso danneggiato, le infiltrazioni. L’azienda rassicura: «A breve i lavori».
La facciata su via Masone del Palazzo delle Poste è spettacolare. Monumentale e sobria ad un tempo. Capita spesso che gruppetti di turisti, italiani o stranieri, si soffermino ad ammirarla. Merito della Torre dell’Orologio, delle amplissime vetrate, delle cinque alte colonne alla cui sommità si ergono altrettante statue bronzee: L’Italia cattolica e L’Italia fascista di Giovanni Manzoni, L’Italia etrusca e l’Italia romana di Nino Galizzi e, su una «quinta» architettonica, il San Cristoforo (protettore dei postelegrafonici) di Francesco Minotti. Merito del fascino va poi alla vasca rettangolare sottostante, di ben 100 metri quadrati. Che però, malinconicamente all’asciutto, versa oggi in condizioni di apparente abbandono, tanto da spingere diversi residenti della zona a lamentarsene e a far giungere il loro disappunto a L’Eco di Bergamo: persino la statua del delfino, da cui dovrebbe zampillare l’acqua, con una smorfia sembra indicare con fastidio le piastrelle azzurre qua e là divelte, la sporcizia, le erbacce, i cavi scoperti, i massi perimetrali anneriti.
E mentre poco oltre, verso via Matris Domini, sono state almeno sfalciate, negli scorsi giorni, grazie a un intervento di manutenzione ordinaria, le alte siepi di erbacce (si nota ora una fila ordinata di piantine nella stretta aiuola), anche sul lato affacciato sulla via Locatelli c’è da restare perplessi: il portone al numero civico 11, di fianco all’ingresso principale degli uffici, proprio sotto la Torre dell’Orologio, è murato da rozzi pannelli di legno. Progettato alla fine degli anni Venti dal bolognese Angiolo Mazzoni (1894-1979), inaugurato dopo due anni di lavori, il 31 ottobre del 1932, concepito per «dialogare» con il centro piacentiniano (come dimostra il rapporto a distanza tra la Torre dell’Orologio e quella dei Caduti in piazza Vittorio Veneto), il Palazzo delle Poste, di proprietà della spa Poste Italiane, all’incrocio tra le vie Masone e Locatelli, è edificio di pregio e ovviamente tutelato.
Sul magazine online «TG Poste», il giornalista e scrittore Pierangelo Sapegno tre anni fa scrisse un pezzo, «La nostra grande bellezza: il palazzo storico delle Poste a Bergamo, un modo per inventare l’arte», che terminava così, a proposito del legame della città con questa architettura: «Non è un caso che quando nel 1973 trasferirono al ministero delle Poste le tele di Sironi per essere restaurate, l’intera città si mobilitò perché tornassero sui muri dov’erano nate. Se non si può fermare il tempo, possiamo almeno tenerci quello che hanno saputo fare per noi gli uomini». E già, perché tra le mirabilia del luogo ci sono, anche, i due teleri di Mario Sironi, L’Architettura e L’Agricoltura. Si trovano nella vecchia Sala accettazione telegrammi, aperta solo di rado, in occasioni speciali o su richiesta. Quasi un paradosso per due opere che, «scippate» per decenni dal ministero romano delle Poste, tornarono trionfalmente nella loro collocazione originaria nel 1999.
I due teleri di Mario Sironi, L’Architettura e L’Agricoltura, si trovano nella vecchia Sala accettazione telegrammi, aperta solo di rado, in occasioni speciali o su richiesta
Le Poste garantiscono di non essere inerti, ad ogni modo, e di avere a cuore la manutenzione del palazzo. Quanto alla «toppa» dei pannelli di legno al civico 11, l’azienda la spiega così: la porta di legno e vetro, che fra l’altro sarebbe stata danneggiata a calci alcune settimane fa da una persona in stato di alterazione, è stata smontata e portata via da un’azienda di Perugia «per un restauro conservativo: i lavori si concluderanno tra ottobre e novembre. Quando sarà rimesso al suo posto, un altro restauro toccherà al portone dell’ingresso principale».
La parte più grossa dei lavori toccherà però alla vasca ai piedi della facciata. Dovrà esserne rifatto l’impianto idraulico, con riciclo dell’acqua. Le piastrelline azzurre saranno risistemate e impermeabilizzate, dopo le recenti infiltrazioni. Dopodiché l’acqua potrà finalmente tornare. Tempi previsti? Da Poste Italiane non giungono certezze né cronoprogrammi, ma il lavoro, prevedono, sarà fatto l’anno prossimo. Non riguarderà, però, la ripulitura delle cinque statue bronzee della facciata, che dopo la conclusione dell’ultimo intervento di restauro del palazzo, nel 2018, rilucevano. Un’ulteriore importante novità porterà poi ad una ristrutturazione del lato su via Locatelli, al civico 17: lì, spiegano dall’azienda padrona di casa, vedrà la luce «un progetto di spazi di Co-working a disposizione di cittadini e imprese che vi potranno noleggiare postazioni di lavoro (tutte le info su spaziperlitalia.poste.it, ndr)». È prevista una decina di postazioni. Anche per questo si parla del 2026.
Pure all’interno, basta uno sguardo per capire che ci sarebbe da lavorare anche lì. In un angolo dell’altissimo soffitto sopra il salone degli sportelli al pubblico si notano i segni di un’infiltrazione d’acqua lasciata da un temporale di quest’estate: i pluviali sono stati aggiustati da esperti di edilizia acrobatica. Bisognerà tinteggiare e fare altri ritocchi: su una parete, nello stesso salone, si notano vistosi buchi lasciati dall’asportazione di un monitor. I tempi? Incerti. Perché il palazzo è tutelato e qualunque intervento deve essere concordato con la Soprintendenza.
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