Delitto di via Novelli, il medico legale: «Le coltellate per uccidere»

È «una dinamica tipicamente omicidiaria» quella che ha portato alla morte di Marwen Tayari, il 34enne tunisino accoltellato alle 13 dell’8 agosto scorso in via Novelli. Lo ha spiegato il 1° giugno il medico legale Matteo Marchesi, consulente del pm Paolo Mandurino, al processo per omicidio aggravato nei confronti di Alessandro Patelli, il giardiniere di 19 anni attualmente agli arresti domiciliari per questo fatto.

Il ragazzo aveva avuto un diverbio con Tayari che, insieme alla moglie e alle figlie di 3 e 13 anni, era seduto sui gradini del palazzo di via Novelli 4 in cui abitava la famiglia Patelli. Secondo l’accusa, il 19enne era salito in casa e si era ripresentato con un coltello e indossando il casco della moto, deciso ad affrontare il tunisino. Ne era nata una colluttazione nel corso della quale Tayari era stato bersagliato dalle coltellate. Sei le ferite riscontrate dal dottor Marchesi durante l’autopsia, due delle quali in regioni delicate: al collo, e precisamente nella zona della vena giugulare e della carotide, e quella che si è rivelata fatale, al cuore.

«Dinamica tipicamente omicidiaria», secondo il medico legale, per tre motivi. Perché il coltello è stato utilizzato in modo penetrante; per la reiterazione delle lesioni; perché i colpi sono stati sferrati anche in regioni delicate come collo e cuore.

Le testimonianze

Nell’udienza del 1° giugno hanno testimoniato anche i Carabinieri intervenuti subito dopo l’accoltellamento, tra cui il capitano Crescenzo Maglione, comandante del Nucleo operativo radiomobile di Bergamo. I militari hanno contribuito a chiarire il giallo della bottiglia di birra rotta. Secondo la difesa, Patelli era stato minacciato da Tayari con una bottiglia spezzata. Ma, hanno ribadito i carabinieri, i cocci e la birra contenuta sono stati trovati nei pressi del cadavere. Segno che, hanno concluso, la bottiglia s’è rotta quando il 34enne s’era accasciato al suolo.

Particolare confermato anche da un inquilino del palazzo, che s’era affacciato alla finestra e aveva assistito alla scena. L’uomo ha raccontato di aver visto Tayari cadere sull’asfalto. Proprio in quel momento, ha specificato, la bottiglia s’è infranta al suolo. Ne è sicuro perché subito dopo aveva notato la schiuma riversarsi sul marciapiede. E questa, per l’accusa, sarebbe la conferma che prima la bottiglia era integra e che dunque la vittima non la stava usando per minacciare. Prossima udienza il 13 luglio. Parlerà l’imputato, difeso dall’avvocato Enrico Pelillo.

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