Infermieri, calano le domande ai corsi universitari: -10,2%

SANITÀ. In Lombardia sono inferiori ai posti disponibili. Solitro: «Scarse opportunità di carriera e paghe basse». Leggi l’approfondimento su L’Eco di Bergamo di giovedì 21 settembre.

È una criticità con cui si fa i conti da tempo, quella della carenza degli infermieri, ma si confidava in una svolta negli anni a venire. Invece il problema – un problema non da poco, tra i più impattanti sull’organizzazione della sanità – è proiettato pure sul medio termine: gli infermieri rischiano di mancare anche in futuro. Nelle università lombarde – e alcuni corsi hanno sedi anche in poli ospedalieri della Bergamasca – le domande d’iscrizione per il nuovo anno accademico ormai al via sono infatti risultate inferiori rispetto ai posti messi a disposizione. In sostanza, rimarranno dei posti vuoti.

L’analisi

L’allarme scorre nelle cifre di un’analisi curata da Angelo Mastrillo, segretario della Conferenza nazionale dei Corsi di laurea delle professioni sanitarie. Con un paradosso ulteriore: mentre si allarga il numero dei posti disponibili (Infermieristica è a numero chiuso), gli studenti si orientano verso altri percorsi di studio. Per l’anno accademico 2023/2024, infatti, gli atenei lombardi hanno messo a disposizione 2.428 posti per i corsi di laurea triennale, 92 in più dell’anno precedente (+3,9%); le domande d’iscrizione sono state però solo 2.297, contro le 2.559 dello scorso anno (262 in meno, cioè un calo del 10,2%).

I riflessi nella Bergamasca

Il tema riguarda di riflesso anche la Bergamasca, perché sul nostro territorio sono 225 i posti messi a disposizione per le neomatricole di Infermieristica iscritte a corsi che fanno capo a diversi atenei della Lombardia.

Il «Papa Giovanni», col nuovo campus di via Nini da Fano, è sede per 95 nuovi studenti che inizieranno il primo anno del corso di Infermieristica che fa capo all’Università di Milano-Bicocca. All’ospedale di Alzano Lombardo (Asst Bergamo Est) seguiranno i corsi 30 matricole iscritte al corso dell’Università di Brescia. Humanitas University dedica a Bergamo 50 posti – i dati si riferiscono sempre a chi sta per iniziare il primo anno – nella sede di via Moretti 11. Fanno capo all’Università Vita-Salute San Raffaele le 50 matricole che svolgono didattica e tirocinio tra Policlinico San Marco e Policlinico San Pietro.

A livello lombardo il calo maggiore d’iscrizione si coglie alla Statale di Milano (18,3%), mentre in controtendenza ci sono Humanitas University (+4,2%) e l’Università dell’Insubria (+0,6%, in realtà si tratta di appena una domanda in più rispetto allo scorso anno). Mastrillo aggiunge un altro fattore, in Lombardia: «Una delle probabili ragioni di questi cali potrebbe essere la minore affluenza degli studenti delle Regioni del Sud rispetto agli scorsi anni. L’attuale precaria situazione economica del Paese impedisce alle famiglie di poter garantire per i propri figli gli studi al Nord, come era invece consuetudine fino al 2019, prima della pandemia».

«Serve un cambio epocale»

L’erosione dell’attrattività della professione dell’infermiere si coglie ora sin dal percorso di studi. «Se uno deve scegliere tra fare l’infermiere, il fisioterapista o il medico, la nostra professione rimane l’ultima scelta – sospira Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bergamo –. Tra l’altro non è detto che tutti quelli che presentano domanda per il concorso di Infermieristica poi s’iscrivano, perché molti provano il concorso anche per altri corsi. Un tempo, fino al Covid, il problema erano i pochi posti: ora la scusa non regge più, i posti sono stati ampliati ma le iscrizioni calano». Alla base, ricorda Solitro, ci sono due fattori: «Le scarse opportunità per sviluppare percorsi di carriera e gli stipendi bassi. Soprattutto scoraggia la prospettiva futura. Servirebbe un cambio epocale, con un principio logico: più un infermiere si specializza e cresce, più si adegua il compenso e l’inquadramento della carriera. L’attrattività della professione non è data solo dallo stipendio, ma da tutto il contesto e dalla capacità del sistema di valorizzare il professionista e il suo lavoro».

Tema ulteriore: tra chi si iscrive al corso di laurea, «c’è una quota di studenti che a un certo punto lascia gli studi. Non parliamo di percentuali altissime – specifica ancora Gianluca Solitro -, di solito accade al primo anno. Qualcuno lascia invece durante il tirocinio, perché non regge dal punto di vista emotivo di fronte ad alcune situazioni della professione. C’è da fare una riflessione anche sulle fragilità e le sicurezze dei ragazzi».

Tra pensioni e carenze

Della situazione degli infermieri se n’è discusso anche martedì in un’audizione della Commissione Sanità del Consiglio regionale.

«Dai dati emersi – interviene Davide Casati, consigliere regionale del Partito democratico – si prevede che un infermiere su 4 (25%) andrà in pensione nei prossimi 5 anni quindi circa 2.500-3.000 professionisti all’anno e gli iscritti ai corsi sono meno dei posti messi a disposizione con un ingresso sul mercato del lavoro di poco più di 1.000 infermieri all’anno. Insomma, il futuro della Lombardia è con pochissimi infermieri e a questo punto, prima di pensare alle soluzioni proposte dal ministro Schillaci di reclutare personale dall’altra parte del mondo, diventa fondamentale un intervento della Regione per sostenere la promozione della professione attraverso borse di studio e con un giusto riconoscimento di carriera ed economico, con risorse aggiuntive a favore della contrattazione decentrata per gli stipendi».

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