Influenza, è boom: già 16 mila casi. Più colpiti i bambini

La situazione. Diffusione con i valori più alti dal 2019. Il pediatra: circolano pneumococco e virus sinciziale.

Classi decimate, tra asili e scuole elementari. Assenze nei luoghi di lavoro. Nasi che colano, febbre che si alza; nei casi più seri, anche problemi respiratori. Il freddo è arrivato e i virus si sono scatenati, specie tra i più piccoli. La conferma è anche nell’ultimo bollettino di «InfluNews», la rete di sorveglianza epidemiologica della Regione: nell’ultima settimana monitorata (14-20 novembre), la curva dell’incidenza delle sindromi influenzali, simil influenzali e respiratorie è entrata nella fascia di «intensità alta», in risalita e decisamente sopra la media: praticamente si è già al livello che solitamente si raggiunge a fine gennaio, quando cioè giunge il picco stagionale.

I «medici sentinella» lombardi calcolano attualmente una diffusione delle patologie pari a 14,6 casi ogni 1.000 assistiti (cioè ogni mille pazienti che ciascun medico o pediatra ha), doppia

rispetto ai 7,42 casi ogni 1.000 assistiti dello stesso periodo del 2021; sono peraltro i valori più alti dal 2009. Proiettando la stima sull’intera popolazione, significa che in tutta la Lombardia ci sono 145mila persone alle prese con l’influenza (e sindromi simili, Covid escluso); in Bergamasca, gli «influenzati» sarebbero intorno ai 16mila. I più colpiti sono i bambini: nella fascia 0-4 anni l’incidenza sale a 37,4 casi ogni 1.000 persone, nella fascia 5-14 anni è a quota 20,9.

«L’incidenza totale delle sindromi simil influenzali è marcatamente aumentata rispetto alla settimana precedente», riporta il bollettino della Regione. Nel dettaglio, il ceppo influenzale più diffuso è quello dell’influenza A-H3N2, quello che ha trainato anche l’ondata influenzale che già nei mesi scorsi aveva portato a una moltiplicazione dei contagi in Australia.

Oltre al virus dell’influenza, spiegano gli epidemiologi della Regione, gli altri virus respiratori circolati nell’ultima settimana sono i rhinovirus (riscontrati nel 36% dei tamponi sequenziati per la sorveglianza antinfluenzale), i virus parainfluenzali (nel 20% dei tamponi), adenovirus (7%), enterovirus (6%), parechovirus (4%) e metapneumovirus (1%).

Pneumococco fra i bambini

Proprio perché il virus ha la maggior diffusione tra i più piccoli, anche gli ospedali stanno monitorando la situazione, rilevando numeri in crescita – e destinati ad alzarsi indicativamente ancora per un mese, considerata la stagione – ma senza emergenze. «Siamo tornati ai livelli preCovid come numero di accessi in pronto soccorso pediatrico per patologie infettive – spiega Angelo Mazza, pediatra dell’ospedale Papa Giovanni di Bergamo –, con una tendenza recente di incremento». Ma quali sono le patologie che circolano? «Quello che sembra distinguersi in questa fase è lo pneumococco: ha ondate ogni anno, quest’anno pare in crescita. È un germe che può essere invasivo, ma si può prevenire con la vaccinazione, che anche per questo resta fortemente raccomandata». La galassia è ampia: «Da inizio novembre per patologie respiratorie pediatriche abbiamo avuto una ventina di ricoveri, numeri tipici del pre Covid. L’Rsv, il virus sinciziale, rappresenta un quinto-sesto dei ricoveri; le bronchioliti rappresentano un’altra parte dei casi, in un anno indicativamente si oscilla tra i 40 e i 60 ricoveri; l’influenza comincia a comparire ora, va ribadita l’importanza del vaccino».

Il «debito d’immunità»

Il confronto con il preCovid è sempre significativo. La stagione fredda a cavallo tra 2020 e 2021 aveva visto un sostanziale azzeramento delle patologie respiratorie, per via dell’uso ubiquo delle mascherine, del distanziamento e delle «zone rosse» che due anni fa ancora erano in vigore. Lo scorso anno, con i primi allentamenti, si era osservata una prima impennata di alcune patologie, in particolare l’Rsv. Quest’anno, cadute tutte le restrizioni, ecco tornare una normalità anche nella diffusione di questi virus.

«Lo scorso anno, con un primo ritorno alla normalità, si è pagato ciò che viene definito un “debito di immunità” – spiega il pediatra –: l’inverno precedente, per via delle misure antiCovid, i bambini non si erano ammalati, non erano entrati in contatto con gli altri virus respiratori, dunque c’era meno immunità. C’è stato dunque un “recupero” che ha evidenziato un picco di casi in età prescolare». Proprio perché già dall’anno scorso c’è stato un primo ritorno alla normalità, «non siamo per ora ai livelli di quell’ondata. Va però detto che chi ci anticipa come inverno, cioè l’Australia (nell’altro emisfero il loro inverno coincide con la nostra estate, ndr), ha presentato un picco di casi respiratori, e segnali di questo tipo si sono evidenziati anche negli Stati Uniti. Da noi, prevedibile un picco epidemico verso Natale».

I ricoveri

La larga parte di queste situazioni è curata a domicilio, con l’impegno dei pediatri di libera scelta. Una quota dei casi, i più gravi, giunge in ospedale. «Mediamente i ricoveri per queste patologie – conclude Mazza – si risolvono in 5-10 giorni, a seconda del tipo: le bronchioliti richiedono una settimana di degenza, la bronchite asmatiforme (che colpisce più gli adolescenti, ndr) 5-7 giorni, la polmonite 10 giorni. L’esperienza attuale sembrerebbe non portare a forme eccessivamente aggressive, lo scorso anno avevamo più accessi in Terapia intensiva, anche se un 2-3% dei casi necessita di quel tiro di ricovero». E il Covid? «C’è una ricomparsa dal punto di vista epidemico – spiega il pediatra del “Papa Giovanni” –: i ricoveri sono legati a bambini in cura per altre patologie, ma che risultano col tampone positivo».

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