Istruzione, Bergamo segna ancora il passo: uno su due ha un basso livello di studio

LA RICERCA. Secondo i dati Istat elaborati da «Il Sole - 24 Ore», il 52,5% della popolazione non ha un’adeguata preparazione scolastica. Lazzari: in passato il passaggio dalla scuola al telaio era la normalità per molti. Guerini: tanti i progetti in campo.

Istruzione avanti tutta, Bergamo ha ancora parecchia strada da fare.È la conclusione a cui si arriva leggendo la classifica elaborata dal Sole 24 Ore su dati Istat, che indica –provincia per provincia – l’incidenza di residenti con basso livello di istruzione sulla popolazione dai 9 anni in su. Lo studio evidenzia il netto divario tra nord e sud Italia. Salvo rare eccezioni, il Paese è spaccato in due, con un tasso di scolarizzazione più alto al centro nord e più basso al sud. Così se le venti province con il tasso più basso di istruzione sono in prevalenza meridionali, con le isole maglie nere, al 23° posto troviamo Bergamo, seguita da Brescia, tra le province settentrionali con il maggior numero di residenti che non sono andati oltre la terza media. Il 52,5% dei bergamaschi ha un basso livello di istruzione, a Brescia il 52,4%, a fronte di una media nazionale del 48,2%. Peggio al Nord fanno solo Biella (53,7%) e Rovigo (52,6%). Roma, Milano, Trento, Bolzano e Bologna sono in coda alla classifica, vale a dire le più virtuose.

«Ne prendiamo atto, ma bisognerebbe considerare anche altri parametri, ad esempio la presenza di immigrati, l’età delle persone e la bassa natalità, tutti indicatori che incidono in classifiche come questa – spiega Marco Lazzari, direttore del Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università degli studi di Bergamo –. Nelle province con una popolazione più anziana ci sono meno diplomati, i 70enni e gli 80enni di oggi hanno vissuto un’epoca in cui la scuola era più esclusiva. Ma al netto dei limiti di questa ricerca, va detto che il posizionamento orobico non sorprende, i dati Istat e i risultati delle prove Invalsi ne sono una conferma». Nella Bergamasca il tasso di scolarizzazione è storicamente basso, spiega Lazzari, per motivi legati all’economia e a un tasso di occupazione alto. «In passato per molti bergamaschi il passaggio dal banco di scuola al telaio era la normalità. Il tessuto economico florido, le tante piccole industrie e la poca importanza data all’istruzione hanno determinato questo quadro». Va poi considerato il contesto nazionale, suggerisce il professore. «La scuola italiana non agisce più da ascensore sociale e non è nemmeno un ascensore culturale, statisticamente due figli su tre di genitori non diplomati non arrivano a diplomarsi».

Le azioni di contrasto

Motivazioni culturali ed economiche si intrecciano, all’origine del fenomeno della bassa scolarizzazione. «La povertà educativa è fortemente connessa a quella economica - sottolinea Giuseppe Guerini, vicepresidente della Fondazione della Comunità Bergamasca, da tempo impegnata in progetti a sostegno dell’istruzione-. Il tema è più complesso, non riguarda solo i titoli di studio ma aspetti non facili da quantificare». L’idea che sia meglio lavorare che studiare inizia ad essere meno diffusa, «ora la maggior parte delle famiglie sostiene lo studio dei figli, almeno sino alla maturità» spiega Guerini , che sottolinea la differenza tra «povertà educativa in età evolutiva e scarsa propensione a fare formazione in età adulta. Viviamo in una provincia dove il lavoro non manca, e la richiesta di personale specializzato è alta ma ancora si fatica ad entrare nell’ottica della formazione continua, un passaggio culturale indispensabile». Le richieste d’aiuto arrivate dal territorio e i progetti messi in campo dalla Fondazione della Comunità Bergamasca danno la misura del livello di povertà educativa più delle classifiche. «L’ultimo nostro bando, chiuso a giugno, ha visto arrivare circa 200 progetti dalle associazioni del territorio in cerca di finanziamenti, e buona parte di questi riguardava proprio il supporto educativo, ad esempio il sostegno ai compiti. Un altro progetto in corso riguarda l’accesso agli strumenti digitali, l’obiettivo è dotare le famiglie segnalate dai Comuni di pc con connessione internet, ne abbiamo consegnati 800, e attivato 48 punti di accesso per il sostegno all’educazione digitale. In molti casi - continua Guerini - la povertà materiale mette gli adolescenti in condizione di non poter studiare, perché, ad esempio, non hanno la possibilità di pagare i trasporti se vivono nelle valli e devono spostarsi. Stiamo lavorando, con altre realtà del territorio, per consentire il trasporto dei ragazzi degli istituti professionali e con Fondazione Cariplo abbiamo attivato progetti sul lavoro povero femminile, spesso sottopagato e appannaggio di madri con figli minori, che dopo il Covid è più diffuso nella nostra società».

I fondi del Pnrr

L’Università di Bergamo, dal canto suo, ha giocato un ruolo nell’innalzamento del livello di scolarizzazione. «Nell’era universitaria del “tre più due” - spiega il professor Lazzari - siamo riusciti a fare tanto. I nostri studenti sono spesso i primi a laurearsi in famiglia e questo traguardo è vissuto con orgoglio». Prossimo obiettivo: lavorare sulla dispersione scolastica e sui dati che tracciano il profilo del fenomeno, «insieme al Comune di Bergamo vedremo di mettere a punto azioni e modalità operative». Continuando a lavorare sull’orientamento («permanente, che non riguardi solo la scelta della scuola ma la scelta di vita») e gli open day. «Qualcosa si muove, i risultati si vedono, e questo è il momento di darsi da fare anche con i fondi in arrivo dal Pnrr, un’occasione unica per far ripartire l’ascensore culturale nel nostro Paese».

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